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Mare a Roma. Convivio Troiani e Acquolina insieme per le novità del menu

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Mare in burrasca Giulio Terrinoni

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Giulio Terrinoni e Angelo Troiani

Tempo di mare e voglia di piatti di pesce. Un appuntamento a 4 mani è l’occasione per assaggiare i nuovi piatti di stagione di due ristoranti stellati a Roma: Acquolina e Il Convivio Troiani. Giuliuo Terrinoni e Angelo Troiani incrociano le portate al ristorante della Collina Fleming, zona nord della Capitale, che è tra gli indirizzi di riferimento per il mare in tavola in città. Una 4×4 che raccoglie consensi in una serata infra settimanale.

pasta gamberi Angelo Troiani cornetto prosciutto palamita Acquolina Roma cesino pane Acquolina Roma

Si inizia con gli amuse bouche, ovviamente a tema, e il prosciutto di palamita dell’Acquolina (ricordiamo che il ristorante di Terrinoni è tonno rosso free) si fa subito apprezzare per la freschezza come d’altronde la forchettata di pasta con gamberi di Troiani.

zuppa burrata scampi Angelo Troiani Mare in burrasca 2 Giulio Terrinoni vinnae 2011 Jermann ribolla gialla

La Zuppa di burrata, pesca tabacchiera, pistacchi, scampi e tartufo nero estivo è morbida e pungente con il fondo di latticino che si sposa a meraviglia con gli scampi. Un tono raffinato che sembra sparire nel Mare in burrasca, altro piatto 2013, di Giulio Terrinoni che avvolge per il tono fortemente iodato e a tratti “sporco” della seppia arrostita e accompagnata da salsa di sedano e crumble di pane al nero di seppia. Piatto della serata che va a nozze con la ribolla gialla Vinnae 2011 di Jermann in un abbinamento fresco e minerale. Non sarà il più celebrato Vintage Tunina ma con le portate di pesce è da segnalare.

torta di baccalà Giulio Terrinoni Fontarca 2007 Caponata d'Amare Giulio Terrinoni

Giulio Terrinoni presenta un classico della carta (2006) che la sua clientela ha avuto modo di apprezzare: Torta di baccalà e patate con salsa bagna cauda moderna che4 ascrivo d’istinto al genere comfort food: il baccalà è un Gaspé dell’omonima baia del Quebec, le patate a mo’ di tortino ne sono ottimo sostegno e la sapidità della bagna cauda è quella giusta. Ne mangeresti a grandi tocchi. In tavola arriva Ciro Borriello con il secondo vino: Fontarca 2007 di Tenimenti d’Alessandro, viogner in purezza di Cortona che va un po’ in affanno.

Buona l’idea di Giulio Terrinoni della Caponata d’aMare con i fagottini di cipolla in contrasto con melanzane e piccoli molluschi a comporre un piatto estivo nuovissimo che ha necessità solo di una registrata per esprimersi al meglio. La base di partenza lascia supporre uno scatto in avanti.

Ricciola scottata Angelo Troiani

Angelo Troiani gioca la carta di un secondo classico come la ricciola in questo caso scottata e profumata da una foglia di limone, accompagnata da una tartare di pomodori, erba pepe e maionese di uova di pesce. Classico l’ingrediente del pesce tirrenico, nuovissima la presentazione 2013 ed equilibrio con la maionese non troppo “burrosa”.

Amatriciana del Convivio Furore rosso 2010 Marisa Cuomo

Per la chiusura, Troiani si affida a un classicissimo del suo repertorio che viaggia lontano dal mare: è l’Amatriciana del Convivio, classicissimo del 1995 che mai vi stancherete di riassaggiare, In questo caso con la compagnia del Furore rosso 2010 di Marisa Cuomo potrebbe essere etichettato come da manuale.

pesca melba coccole finali

Il dolce è la Pesca melba (ancora 2013) di Giulio Terrinoni a rinfrescare la serata prima delle inevitabili Coccole. Un sostanziale pareggio tra i due chef e la rassicurazione che il mare a Roma è anche sulla Collina (Fleming, cit.). La novità di “Acquolina si fa in Due”, con la carta trasformata in menu del giorno e possibilità di ordinare anche una sola portata degustazione a prezzo ridotto (che è valso al ristorante il posto nella nostra classifica delle gastro-trattorie), ne fa un indirizzo interessante benché poco premiato dalla clientela non residente. Al contrario de Il Convivio Troiani che può contare, oltre alla qualità della cucina, anche sulla location al centro storico.

Acquolina Hostaria in Roma. Via Antonio Serra, 60 (zona Collina Fleming).  Roma. Tel. +39 06.3337192

Il Convivio Troiani. Vicolo dei Soldati, 31. Roma. Tel. +39 06.6869432.

 


Pizza. La classifica delle migliori 10 di Ciro Salvo al Massè di Torre Annunziata

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Ciro-Salvo-Pizza-delle-Stelle

Pizza sulla strada delle vacanze, verso il sud. E scene da una pizzeria per molti ancora sconosciuta, Massè a Torre Annunziata. Il nome del locale potrebbe dirvi poco, ma quello del pizzaiolo inizia a non avere bisogno di grandi presentazioni: Ciro Salvo. Insignito dei Tre Spicchi dalla nuova guida del Gambero Rosso ha visto premiata anche una sua ricetta, la Pizza dell’Alleanza con fiordilatte di Agerola, scaglie di Conciato Romano, cipolla ramata di Montoro e lardo di Colonnata.

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Aumentata la notorietà anche grazie alla partecipazione alla Pizza delle Stelle, a premi, copertine, recensioni e reportage, da Ciro Salvo non si è perso nemmeno una briciola di qualità nonostante in due serate a distanza di 3 settimane sia aumentato anche il numero dei commensali in questo risto-pub che ha affiancato lo spazio pizzeria. Insomma, se qualcuno ha ancora dubbi che le attività di comunicazione non siano necessarie alla ristorazione, con Ciro Salvo incorre in una clamorosa smentita.

Dopo questo uno-due ravvicinato siamo pronti a stilare la classifica delle 10 pizze assaggiate da Ciro Salvo.

1. Marinara

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Fa rima con semplicità, ma la pizza basica per eccellenza permette di apprezzare uno degli impasti riconosciuti come migliori dagli appassionati. Merito dell’utilizzo di lievito madre per molti (invece del lievito di birra che è maggiormente controllabile), ma in realtà segnale della capacità di saper governare le variabili di temperatura, umidità, punto di pasta, forno (affidato al bravissimo Gennaro Salvo). Fare una foto della Marinara è difficilissimo, scompare prima di aver trovato la messa a fuoco!

2. Ripieno bianco

Ciro-Salvo-ripieno-bianco

Ciro Salvo prepara sia la versione All White che quella con pomodoro del calzone. Quello bianco con ricotta e cicoli è una prova da non mancare per assaporare l’antica tradizione napoletana

3. Margherita

Ciro-Salvo-pizza-margherita

Per confermare la pizza che riceve sempre percentuali bulgare quando si chiede genericamente il nome della pizza preferita. La Margherita di Ciro Salvo è una bandiera per la pizza napoletana e non farla sventolare sulla propria tavola sarebbe un delitto.

4. Pizza dell’Alleanza

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Per i fautori della pizza è Margherita e basta, la ricetta premiata è segno del cambiamento dei tempi. Eccellenze che si abbinano a ricordare che sulla pizza non ci finiscono gli ingredienti a portata di mano e che il circuito mediatico si abbevera anche delle denominazioni garantite.

5. Prosciutto cotto

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Una rivisitazione della bianca per eccellenza che vi conquista alla sola lettura degli ingredienti: fior di latte Rocco di Agerola, prosciutto cotto San Giovanni (coscia suino italiano lavorata senza aggiunta di additivi), scaglie di Parmigiano Reggiano dop 24 mesi stagionatura, olio extra vergine di oliva dop colline salernitane aggiunto a crudo.

6. Piennolo

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La versione “vesuviana” della Margherita non può non partire da un altro classico del territorio, il pomodorino del piennolo del vulcano napoletano, diventato un must come le alici di Cetara, che in questa versione viene abbinato alla mozzarella di bufala di Barlotti e all’olio extravergine di oliva Dop Colline Salernitane.

7. Martina Franca

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Per i carnivori, ecco il capocollo di Martina Franca (altro presidio Slow Food) in abbinamento alla ricotta di bufala e al fior di latte di Agerola.

8. Ripieno rosso

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Ripieno bianco un pelo sopra quello rosso che però non vi deluderà con ricotta di bufala Barlotti di Paestum, salame tipo Napoli, fior di latte di Agerola, pomodoro san Marzano dop, pecorino sardo bio.

9. Marinara con scarole

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La Marinara in versione de luxe per chi non si accontenta del basic: scarole lisce cotte a vapore, pomodorini del piennolo, aglio, olive taggiasche, capperi di Salina presidio Slow Food, acciughe del Cantabrico, olio extra vergine dop Colline Salernitane.

10. Carciofi e pancetta

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L’evoluzione della Capricciosa la vedo in questa pizza per la presenza dei carciofi pugliesi che vanno a nozze con la pancetta Piacentina Dop e il fior di latte di Agerola.

Convinti che una sosta a Torre Annunziata sia da programmare nei vostri trasferimenti verso il mare?

Massè. Corso Vittorio Emanuele III, 429, Torre Annunziata (Napoli). Tel. +39 081 536 3382

 

Eataly Bari. Apre il 31 luglio e non è fiera temporanea come scrive la burocrazia

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Fiera del Levante Bari

Martedì 31 luglio 2013 apre Eataly Bari, dedicato al Levante, alla mezzaluna fertile, nella regione dove è nata l’agricoltura. Sono 8 mila metri quadri ricavati su due piani nella parte monumentale della Fiera del Levante che dal martedì alla domenica metterà a disposizione dei baresi e non solo, 15 punti di ristorazione, un grande mercato con le  eccellenze regionali italiane, due aule didattiche, un centro congressi e una lounge dedicata alla Banca Popolare di Bari.

L’investimento di 15 milioni di Euro è a carico di Eataly Puglia, società partecipata da Eataly Distribuzione e da tre importanti soci pugliesi: Fabrizio Lombardo Pijola, i fratelli Pasquale, Francesco e Mimmo Casillo del Molino Casillo e Michele Annoscia.

Eataly Bari 02 Eataly Bari 01

Eataly Bari è modellato sull’esempio degli altri Eataly, Roma in pèarticolare da cui prende a prestito soluzioni di architettura degli interni.

Nei 15 punti di ristoro sono compresi i ristorantini tematici e informali con terrazze affacciate sul mare dedicati a pasta e pizza, carne, pesce, verdure, fritto e salumi & formaggi.

Ci saranno anche la rosticceria e la piadineria firmata dai fratelli Maioli che a Roma è diventata campione di incasso a Ostiense. Altri punti vendita “in comune” sono il birrificio artigianale, che affianca lo spaccio con il meglio delle produzioni artigianali italiane e non solo,  la caffetteria Illy, la gelateria alpina Lait e la pasticceria firmata da Luca Montersino. La produzione di pasta artigianale è sempre a cura del pastificio Michelis che ai aggiunge al “tradizionale” panificio.

Il Mozzarella show, con la produzione live di latticini – altro punto forte di Eataly Roma con Roberto Battaglia – è affidato in questo caso al caseificio Montrone di Andria. Il reparto ortofrutta è gestito dalla famiglia pugliese Rendine, titolari dell’azienda Natura e Qualità. L’enoteca propone le  etichette italiane con particolare attenzione ai vini pugliesi.

Due le terrazze del “tavolo dei fortunati”  disponibili per prenotazioni di eventi privati.

Il versante educational è affidato a Slow Food e agli chef Pietro Zito e Peppe Zullo. C’è anche la parte “supermercato” con scaffali e bancarelle che ospitano oltre 1000 produttori. Di questi prodotti il 40% circa è della Regione Puglia e una buona rappresentanza fa parte dei Presìdi Slow Food. Stessa filosofia per l’enoteca che proporrà anche un altro cavallo di battaglia di Oscar Farinetti, Vino Libero. Egualmente le cucine proporranno piatti locali e regionali basati su ingredienti artigianali e semplici.

Ovviamente c’è un po’ di giallo come in ogni apertura di Eataly che si rispetti. Repubblica Bari riporta proprio oggi che l’iter burocratico sarà pure “tutto regolare”, come giura l’avvocato Fabrizio Lombardo Pijola, presidente di Eataly Puglia, ma il Comune vuole vederci chiaro.

Mirko Maioli piadine Eataly Roma Birreria-Eataly-Roma

A inaugurazione fissata (per Repubblica Bari, il 30, ma si tratta di una delle giornate di preview dedicate a operatori e stampa) il Comune non saprebbe cosa si vuole realizzare alla Fiera del Levante. Ed è partito il balletto della burocrazia a limite (innescata probabilmente dalle recenti dichiarazioni di Oscar Farinetti che aveva detto “prendiamoci un avviso di garanzia ma iniziamo la rivoluzione” riferendosi agli imprenditori vittima delle lungaggini burocratiche) prontamente confutato dall’Ufficio Stampa: “Oscar Farinetti non ha mai aperto senza autorizzazioni, è sempre tutto a posto, al limite un minuto prima di aprire”.

Quali autorizzazioni abbia Eataly Bari sembra non essere chiaro nemmeno all’assessore alle Attività Economiche del Comune Rocco De Franchi, che si lascia andare a una battuta: “L’amministrazione pubblica si esprime sempre per atti  -  dice  -   Su Eataly i nostri uffici si esprimeranno dopo aver preso in esame precise istanze, che però ad oggi non sono pervenute”.

La linea di Eataly è che non occorrono autorizzazioni particolari poichè sono sufficienti quelle della Fiera del Levante. In pratica Eataly Bari sarebbe una mostra mercato, tesi che non convince gli uffici comunali per via dell’assenza di uno dei requisiti dell’attività fieristica: la temporaneità (e Eataly sarà alla Fiera per 30 anni come da contratto di affitto sottoscritto).

Oscar Farinetti è abituato agli intoppi burocratici. Anche a Roma l’inaugurazione sembrava a rischio, ma poi si tenne regolarmente e Eataly Roma è riuscita a cambiare il volto di una parte della città abbandonata al degrado. A Bari c’è l’occasione per rilanciare la Fiera che è stata ristrutturata nella parte monumentale e tentare di risolvere il problema maggiore che accomuna gli enti fieristici: la temporaneità delle manifestazioni. Proprio il capo di accusa che si contesta a Eataly Bari. Quasi un controsenso.

[Link: Repubblica Bari]

Ravioli di pesce, il piatto che eviteresti e che da Pascucci ti fa godere

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Gianfranco-Pascucci

La temperatura che sale fa anche  voi l’effetto di aumentare la voglia di ristorante da mare? Vi consiglio un passaggio a Fiumicino, da Pascucci al Porticciolo, indirizzo ben noto ai gourmet capitolini e non solo per la stella Michelin che brilla sulla cucina dello chef owner, Gianfranco Pascucci.

Il pesce qui è di mare, nel senso non allevato e vorrei evitare inutili discussioni circa la bontà anche di quello allevato: sarà forza della suggestione, ma leggere in carta del Centrolofo in aria leggera di finocchi e olive, zuppa di pesciacci ti riconcilia con il senso del mare più profondo. La ricciola di fondale, semi sconosciuta e così buona.

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Le serate sono calde, caldissime e, nonostante il richiamo dell’aria aperta, l’aria condizionata in veranda ottiene l’immediata approvazione dei commensali. Che hanno di che divertirsi subito con le varietà di grissini e amuse bouche.

lardo-terra-e-mare-Pascucci

La prima portata del menu che Gianfranco Pascucci costruisce su richiesta è subito centrata. Lardo di mare e di terra, con quello di mare che è un calamaro avvolto su pane al pomodoro e accompagnato da salsa verde. Mugolio di piacere.

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Pascucci è una sicurezza con il crudo e con le tartare. Questa di pesce spada accompagnata da un uovo morbido, da sottolineare che accompagna e non copre, e da una bella mostarda rimette in gioco mie personali classifiche. Non fatela mancare nel vostro percorso, potreste pentirvene.

guazzetto-lenticchie-crostacei-Pascucci-Fiumicino

Il gioco del piatto della serata inizia a diventare difficile con il Guazzetto di lenticchie con gamberi appena marinati all’aceto invecchiato. Vellutato e con le lenticchie che ti diventano un gazpacho inaspettato. Sui gamberi, guardare alla voce “da manuale”.

fiano-Pietracupa-2011

Il vino scelto, diventerò monotematico, è un fiano Pietracupa 2011. 19/20 per l’Espresso, mineralità e toni affumicati che va a nozze con il pesce. Mirka Guberti, la sommelier, mi sembra approvare la scelta.

ravioli-emulsione-pesce-crostacei-Pascucci

I Ravioli in emulsione di pesce e crostacei sono bellissimi da vedere e da gustare. Il ripieno è di tutt’altra pasta rispetto a analoghe realizzazioni e “l’attenzione” del palato si concentra completamente sulle note marine. Il paragone con uno dei primi piatti cult, i ravioli di mare umami (qui anche la ricetta), è immediato e il posizionamento, per chi li ha assaggiati, è quello. Tutti gli altri, che ritengono per luogo comune da evitare il ripieno di pesce in una pasta, avranno materia su cui discutere.

maccarello-Pascucci-Fiumicino

Alla tavola di Pascucci ogni varietà di pesce è sempre tenuta in grande considerazione, anche il popolare sgombro. Il Maccarello cotto lentamente sulla pelle con la sua maionese è di ottima presa. Pesce povero, piatto ricco e divertente con il crumble di pane al nero di seppia.

fish-e-chips-Gianfranco-Pascucci

Il Fish&Chips è del tipo Al Porticciolo. Una leggera e avvolgente tempura per crostacei e pesci profumati di mare. Il fritto come vorresti a ogni latitudine.

macaron-Pascucci tiramisù-espresso-Pascucci

Il macaron di pre-dessert (“Guarda che diventerà un dolce nazionale”. sorride Gianfranco) è risolto con un ripieno morbido e fresco di olio. Ed apre a un grande classico del ristorante cui è difficilissimo sottrarsi: il tiramisù espresso che vuol dire attendere un po’ per averlo, ma vi allunga il tempo di un’esperienza gastronomica che sale sempre di più.

Pascucci al Porticciolo. Viale Traiano, 85. Fiumicino (Roma). Tel. +39 06.65029204.

Eataly Bari. Cosa mangerete ora che apre alla Fiera del Levante

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Eataly-Bari-ingresso

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Eataly-Bari-ingresso

Eataly Bari è arrivata alla Fiera del Levante e si presenta in questo caldo fine luglio in una di quelle serate i cui i baresi si riversano sui lungomare della città per prendere il fresco e imbandire tavolate a base di pesce alla brace. Il Lungomare Starita non fa eccezione. La rotonda prospiciente l’Ingresso Monumentale è il luogo ideale di sosta per i furgoni delle paninoteche. Sullo sfondo il logo di Eataly sovrasta  questa varia umanità in un contrasto immediato e rivelatore dell’anima di questa città e del suo rapporto col cibo.

Oscar Farinetti Eataly Bari

Due facce della stessa anima, come lascia intendere il patron di Eataly Oscar Farinetti: “Mi piace che siano lì - mi dice sorridendo – ed anzi mi piacerebbe che ne venissero altri…” E’ un entusiasta Farinetti, con la sua verve comunicativa che sottende l’occhio lungo dell’imprenditore e la passione per quello che fa. “Mi dicevano che forse la struttura è un po’ troppo grande per una città come Bari – dice – ho risposto che si tratta dell’unica struttura dell’Italia meridionale, tanto valeva farla bene…”. Il suo occhio non è orientato solo verso il Mezzogiorno d’Italia: “Bari è più vicina a Istambul che a Torino – dice – ed ha sempre avuto una vocazione verso i territori del Levante”.

Quell’Oriente dove circa 10.000 anni fa è nata l’agricoltura che rappresenta il tema portante di Eataly Bari. “Mangiare è un atto agricolo” dice un cartello, riportando una frase di Wendell Berry, il contadino intellettuale del Kentucky che predicava il mangiare responsabile. E il cartello continua: “Il primo gesto agricolo lo compie il consumatore scegliendo ciò che mangia”.  È la filosofia di Eataly che Farinetti evidenzia portandoci in giro per gli 8.000 metri quadrati della sua “creatura”. Ci tiene a sottolineare che la carne proviene da allevamenti controllati, che le materie prime sono selezionate con cura, che il pesce è fresco di pesca e quello di allevamento proviene da vivai selezionati;  “tutti locali”, aggiunge.

Eataly Bari si sviluppa su due piani che ospitano:

  • 22 aree di acquisto tematiche
  • 8 ristorantini
  • 7 posti di consumo
  • 7 aree didattiche
  • 1.000 posti a sedere
  • 4 sale affacciate sul lungomare Starita
  • 2 terrazze del “tavolo dei fortunati” disponibili per eventi privati

PIANO TERRA

pasticceria Eataly Bari

La parte mercato è per una parte qui (acqua e bibite, ma anche olive, spezie, enoteca e libreria) con alcuni punti di ristoro, tra cui 1 ristorante monotematico come gli altri Eataly hanno insegnato:

  1. Ristorante delle verdure
  2. Pasticceria (Luca Montersino)
  3. Gelateria
  4. Rosticceria
  5. Birreria (con birrificio artigianale)
  6. Vino Libero
  7. Gran Bar Illy

PIANO PRIMO

Ristorantino di pesce Eataly Bari ristorantino carne Eataly Bari

La concentrazione dei ristorantini è al piano superiore. Sono 7 su 8

  1. Ristorante Mozzarella show (dei Fratelli Montrone di Andria)
  2. Ristorante Salumi e Formaggi
  3. Ristorante del Fritto
  4. Ristorante della Carne
  5. Ristorante del Pesce
  6. Ristorante della Pasta
  7. Ristorante della Pizza

Eataly Bari piadina romagnola Maioli pasta fresca Michelis Eataly Bari

A questo piano si trova anche

  1. Piadineria Romagnola (Fratelli Maioli)
  2. Panetteria
  3. Pasta Fresca (Michelis)
  4. Macelleria (Sergio Capaldo, maestro macellaio di Slow Food con prodotti di 100 allevatori)
  5. Pescheria

ristorante terrazza Eataly Bari Oscar-Farinetti-Eataly-Bari

Esprime filosofie e mostra dettagli Farinetti, nascondendo il suo orgoglio dietro una parlantina affabile e cordiale, ma negli occhi gli leggi la soddisfazione per quel layout articolato e preciso, che ti conduce dalla burrata di Andria ai dolci di Montersino lungo un ininterrotto itinerario in cui ogni ambito del “mangiar bene e consapevole” viene toccato. “Da un lato si mangia, dall’altro si compra” aggiunge, portandoci in visita attraverso gli otto miniristoranti tematici a cui fanno da pendant quattro terrazze, perché il gusto è più gusto se anche l’occhio può godere, spaziando dalle pietanze all’azzurra distesa del mare.

focaccia-barese-Eataly-Bari

La visita continua, fra informazioni e inviti all’assaggio. “Che ne dici di questa focaccia barese?” mi domanda, “è saporita ma il bordo dovrebbe essere più basso”, gli rispondo. “Diglielo, diglielo - soggiunge - siete qui per questo”. E’ ancora tutto work-in-progress a Eataly e in cucina da alcuni giorni si fanno carte false per raggiungere i sapori “baresi”, ma Oscar è convinto che tutto sarà pronto per il giorno dell’inaugurazione, e non c’è da dubitarne.

Qualcuno azzarda una domanda sulla data di apertura e sui recenti contrasti col Comune di Bari“Stasera non parliamone – risponde Oscar con noncuranza – se non si dovesse aprire il 31 luglio si aprirà il giorno dopo, o quello dopo ancora…”

Stasera parliamo di cibo, ed è esplicativo, esaustivo, Farinetti; “Lo sapete che c’è ancora tanta gente che non conosce le differenze fra grano tenero e grano duro?” e mostra il corner dove verranno spiegate queste differenze, e poi il laboratorio dove il pubblico vedrà nascere le mozzarelle e l’area didattica relativa al pane, realizzato con lievito madre e cotto nel forno a legna. E c’è anche uno spazio dove si parlerà di olio d’oliva e lo si potrà degustare: “In Puglia avete un’eccellenza – aggiunge - l’olio extra vergine di oliva; in particolare quello coratino, spesso poco apprezzato fuori per il gusto sapido e leggermente pizzicante in gola. Ma questi sono pregi che bisogna far conoscere e apprezzare, la frittura con quest’olio è eccezionale, scrivetelo, non stancatevi di ripeterlo.”

ristorantino carne Eataly Bari ristorante carne Eataly Bari

Mangiare responsabilmente significa anche sapere come nasce ciò che si mangia, come è stato nutrito l’animale che è poi diventato bistecca, salsiccia, hamburger, da dove derivano le pietanze antiche, che la tradizione ha portato fino a noi, attraverso i secoli, da epoche in cui la cucina era semplicità e sapori. Ecco allora che in Eataly è stata prevista un’area didattica dove, con l’aiuto di due chef pugliesi (Peppe Zullo e Piero Zito), imparare i principali piatti locali della tradizione, un’altra area dedicata ai dolci pugliesi, e una scuola di cucina domestica.

Ha pensato a tutto Oscar Farinetti, con questa realizzazione così articolata e inconsueta che ci ha sciorinato con ampiezza di dettagli in oltre due ore di appassionata chiacchierata. Lo salutiamo, sazi di assaggi e di informazioni, e lui ci stringe la mano con la consueta affabilità, cercando di nascondere la curiosità circa l’impressione che può averci fatto tutto questo.

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La tipicità è assicurata dalla presenza del 40% di prodotti pugliesi. La lista dei desideri è sempre lunga e qui molti saranno esauditi: lampascioni, olive, capocollo di Martina Franca, caciocavallo, burrata, cozze, pane di Altamura. Voi ne scoprirete altri, comprese le mancanze, andando il 31 luglio, giorno di apertura. A Roma, l’anno scorso, si parlò di Eataly per molto tempo dall’inaugurazione. Accadrà lo stesso anche a Bari?

[Testo di Franco Ardito. Immagini: Ornella Mirelli, Repubblica Bari]

Milano. La novità di Al Mercato è il Noodle Bar che mi piace

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al mercato noodles bar milano

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Al-Mercato-Milano-Noodle-Bar

Al Mercato, però Noodle Bar (altrimenti dite che non è una novità), è a Milano in un ambiente lungo alto (quindi è venuto fuori un mezzo piano superiore soppalcato) e stretto – una specie di (largo) autobus a due piani.  Ok, non è stretto – ma soprattutto è molto carino, bar all’ingresso sulla sinistra, subito dopo cucina a vista, in cui si muovono (soli o in contemporanea o a turni) Beniamino Nespor ed Eugenio Roncoroni (buon segno, sia il fatto che seguano di persona questa loro nuova avventura, sia che il Mercato originario possa funzionare anche senza di loro…), tavolini sgabelli sotto, sopra, lavagnone alla parete destra, fumetterie giapponesi sopra… Décor essenziale, peraltro – senza tovaglie ammennicoli vari, una serie di vassoi piatti sottili lastre di pietra (nera: sarà ardesia, così faccio il colto…). Atmosfera simpatica e rilassata, c’è una vaga aria di esperimento (come mi conferma Roncoroni, si sentono, giustamente, ancora in rodaggio).

Albera Monti & Associati per l’architettura del tutto – come già per Al Mercato; Jannelli & Volpi, se non ricordo male, per i samurai alle pareti.

Al bar, yakitori (=spiedini, di vario genere ed originalità, sui 4 €) e cocktail atomici (= dell’Atomic Bar, un’istituzione dell’underground alcolico milanese). Al tavolo, menu essenziale – anche troppo: ti viene gentilmente declinato e illustrato, ma forse un due righe di spiega non sarebbero male, anche perché c’è gente che dopo la terza descrizione non ricorda più nemmeno dove si trova…) – diviso in Noodles (Soup o Stir Fry), con gli Extras, Hot Dog, Sides, Yakitori.

al mercato noodles bar milano Kimchi Dog Al Mercato Noodles

Esempio dal menu Noodles: Frattaglie € 10, Veggie € 10, Thai Green Curry Fish € 14, Pork € 14, Egg / Chicken € 12; Extras: Smelt € 1, Cilantro € 1, Tobiko € 1, Seaweed € 1, Fried Garlic € 1, Egg € 1, Katsuobushi € 1. I noodle possono essere Glass Wide, Rice, Udon – e possono essere serviti Soup o Stir Fry.

Non sapendo cos’era il resto, anche se mi era stato illustrato, ho fatto la mia scelta: Frattaglie (Stir Fry) – ok, non è vero: avevo capito, e le ho scelte coscientemente. Tanto poi ho preso anche la Terrina Orecchia di Maiale (€ 8). Quando ho detto a Roncoroni cosa avevo mangiato, ha commentato con qualcosa tipo “me l’ero immaginato” – che deve essere una specie di complimento. Due piatti simili, lo so – ma buoni, un amalgama di sapori, punte di piccante, cos’è questo? Immagino un fegatino di pollo, un rene?, una frattaglia di…?, questo invece non credo di volerlo sapere… anche perché se non so cos’è lo posso riprendere per cercare di scoprirlo. Entrambi i piatti mi sono piaciuti moltissimo.

Non mi è affatto dispiaciuto l’Hot Dog – Dauggy (€ 14), con Krenwurst (un wurstel più leggero, mi sembra, anche con carne di pollo), e un sacco di cose – fra cui uovo, aglio fritto, peperoncino. Anche qui, un sacco di gusti e sapori tutti assieme, con piacere reciproco. E mi sono piaciuti gli Yakitori: lingua, scampi, mazzancolle. Mi mancano gli altri: rimedierò quanto prima.

Mentre penso di essere riuscito ad assaggiare tutte le varietà disponibili di quei Mochi – dolcini giapponesi gelatinosi: al tè verde, pistacchio, fagioli rossi e… accidenti, non me lo ricordo più: quindi…

Biscottino della fortuna: “Dovresti usare ogni spazio libero”. Per me, un imperativo morale: ogni spazio libero del mio stomaco viene effettivamente usato. Per Roncoroni&Nespor, un invito a riempire il menu di spiegazioni?

Al Mercato Noodles & Hot Dog Bar. Viale Bligny 3. 20136 Milano. Tel. 0287064274

Solo Gino può battere Sorbillo. Pizzeria Lievito Madre a Mare, per esempio

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pizza corbarino Lievito Madre Napoli

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Gino Sorbillo a Lievito Madre a Mare

Lo scontro è fratricida, ma solo Gino può battere Sorbillo. Un avventore ai tavoli della nuova pizzeria Lievito Madre a Mare ne è convinto. La sfida della scuola di via Tribunali alle posizioni più esclusive in termini di location (che parlare di pizza gourmet viene la pelle d’oca) è riassunta in queste parole. Lo scenario è diverso, il cuore del centro antico lungo il decumano contro il lungomare con Castel dell’Ovo e Capri a fare da sfondo, come la fattura della pizza, lievito di birra contro lievito madre (criscito naturale di Molino Caputo che vedete qui in azione con la ricetta spiegata dallo stesso Sorbillo). E sono soprattutto diversi i pizzaioli: a Lievito Madre a Mare Gino Sorbillo supervisiona ma ha affidato il banco ai suoi ragazzi: Ernesto e Antonio al forno, Salvatore, Nando, Peppe a lavorare gli impasti e a stendere le 7 pizze.

Salvatore-al-banco-Lievito-Madre-a-Mare Dario Lievito Madre maitre

Alle 12:30 circa, il lungomare all’incrocio con Piazza Vittoria è sufficientemente infuocato e sotto gli ombrelloni c’è già chi si accomoda per una pizza a pranzo fronte mare. Il venticello che spira aggirando il castello a mare attenua la calura. Gino Sorbillo non è al forno. Decido di chiamarlo così lo tengo sotto controllo. E gli chiederò dei nuovi lavori ai Tribunali. “Arrivo, ma ti sei seduto?”. Dario e Veronica all’accoglienza mi avevano suggerito il tavolo migliore quanto a posizione di vento. Non conosco nessuno e non mi conoscono. Il vantaggio è tutto nell’orario: ancora poche persone.

fritto pizzeria Lievito Madre Napoli frittatina maccheroni Lievito Madre

Mi intrattengo con un fritto napoletano. Mi costringerà a rivedere la classifica dei fritti in città (ma, ad esempio, Lievito Madre è appena citata come prossima apertura nella guida alle Pizzerie d’Italia che ha ridotto il peso e l’importanza di Napoli nella classifica ad personam). Gino Sorbillo ha puntato all’università con un friggitore esperto: 32 anni al banco della mitica Luise. Il crocché di patate è da paura, la frittatina di maccheroni del Pastificio dei Campi è poesia, la “palla” di riso bianca vale un piatto da sola. Resto meno entusiasta del riso rosso.

Salvatore pizzaiolo Lievito Madre Mare Nando Lievito Madre Napoli pizzeria Lievito Madre a Mare

La sala all’aperto si è riempita velocemente. Lievito Madre inizia ad accelerare. Gino è appena arrivato. Gli spiego che vorrei assaggiare le pizze senza che lui ci metta mano per vedere se davvero esiste la scuola di Sorbillo e se Lievito Madre a Mare può essere un’alternativa a Sorbillo casa base e alle altre pizzerie che si affollano sul lungomare. Una prima risposta potrei già darmela: l’affollamento sotto gli ombrelloni è notevolmente diverso e pende tutto a favore di Lievito Madre (e a sfavore di chi deve fare fila che di sera, mi renderò conto, sarà maggiore).

zizzona mozzarella bufala Lievito Madre

Gino Sorbillo ha fatto, se possibile, una selezione ancora più serrata dei fornitori. Tra i suoi storici, che ha anche partecipato ai Sorbillo Lab, c’è Mimmo La Vecchia del Caseificio Il Casolare di Alvignano. Oltre a fornire i prodotti per le farciture, prepara anche una zizzona che diventa l’ideale antipasto conviviale per tavolate numerose.

pizza corbarino Lievito Madre Napoli pizza corbarino Lievito Madre a Mare Napoli taglio pizza corbarino Lievito Madre Napoli

Due pizze, a scelta di Gino come avvenne nella ormai mitica finale del Campionato della Pizza. Si va di Corbarino. Il menu tovaglietta recita Pomodorino di Corbara Deco, Provola Affumicata Misto Bufala, Olio Extra Vergine Mastroianni. “Sto selezionando altri prodotti e fra poco cambieremo le tovagliette e stamperemo i nomi dei nuovi fornitori”. Ne restano meno di 10 mila da utilizzare. Ma non ci sarà da aspettare molto: il quantitativo predisposto il 7 giugno era di 65.000 unità. Bruciate in 2 mesi in pratica. Potete farvi i conti dell’affluenza di pubblico.

La pizza Corbarino denuncia subito la sua grande caratteristica: l’impasto è molto più morbido di quello dei Tribunali. E anche più alto. Già spizzicando la fetta bianca della focaccia bianca si avvertiva. Il centro del disco è meno cedevole. Il diametro è inferiore anche se il peso del panetto è invariato. Una pizza molto più vicina alla tradizione che ricordo, figlia degli anni ’50-’60. La “scioglievolezza” è pari a quella più conosciuta dell’altra sede. Potrebbe non piacere a chi ama visceralmente l’estrema sottigliezza e il lievito di birra? Forse sì. Per il condimento non c’è molto da dire: ottimo.

pizza Cetara Lievito Madre Napoli pizza cetara Lievito Madre a Mare

La Cetara ha un condimento che mette insieme mare e monti: Pomodorino del Piennolo del Vesuvio Dop, Olive Nere del Matese e Capperi Lacrimelle, Provola Affumicata Misto Bufala, Origano del Matese, Alici di Cetara. Una bella armonia che mi fa balzare all’occhio un’altra differenza: la puntinatura della cottura.

nuovo forno Lievito Madre a Mare

Forno. Il successo di Lievito Madre in termini di affluenza ha messo in evidenza una pecca. Il forno non è in grado di sopportare i quantitativi richiesti e, purtroppo, ha un difetto di allineamento del suolo. Verrà sostituito a breve e per non fermare l’attività di Lievito Madre a Mare è in fase di realizzazione un forno provvisorio nella saletta. Anche il nuovo forno che prenderà il posto dell’attuale sarà firmato da Michele Strazzullo, fornitore nuovo di zecca di Gino Sorbillo (e sarà lui a realizzare i nuovi forni a via Tribunali). Insomma, quello che vedete in foto è un forno provvisorio che durerà 10 giorni prima di essere smontato.

ritaglio-giornale-Esterina-Sorbillo-vDoppio impasto. La differenza tra le pizze del lungomare e del centro antico, mi spiega Gino, è dovuto all’impasto. L’utilizzo del criscito naturale, una prima lievitazione a tutta massa di circa 8 ore e una successiva delle palline sono i “responsabili” delle caratteristiche. Inutile chiedere tempistiche precise, le variabili in gioco sono molte e, anche se la pizzeria è attrezzata di cella a temperatura controllata, preferiscono far lievitare a temperatura ambiente. Non certo fresca di questi periodi.

Ricordavo un ritaglio di giornale alla Casa della Pizza che sono andato a fotografare (potete scaricare la foto per leggere). Napoli Oggi del 10 dicembre 1981. Esterina Sorbillo spiega i segreti della pizza. “Altro segreto che ci viene rivelato. è un po’ la summa, nella preparazione della pizza. Consiste nel far lievitare la pasta molto lentamente, addirittura il giorno prima per consumarla l’indomani”. Non vi sorprenderà il passaggio, come anche il costo della Margherita: 1.100 lire quasi quanto un litro di benzina che in quell’anno ebbe il peggiore shock.

Gino Sorbillo Lievito Madre a Mare (questo il nome per esteso) offre un servizio che vuole essere più accurato (i bicchieri sono in vetro, ad esempio) a prezzi maggiori ma non è tutto imputabile al panorama e alla posizione.

perlanera Pietro Macellaro

I dolci, ad esempio, sono di Pietro Macellaro, pasticciere di Piaggine (nel Cilento) che qui propone la Perlanera, un bottone di grande goduria a base di crema di ricotta di bufala, arancio candito, cioccolato fondente racchiuso nella glassa a specchio con una fogliolina in oro. Un dolce gluten free (che sarà la nuova frontiera di Gino Sorbillo) per una ricca chiusura.

pinguino Pepino gianduia pinguino pepino viola pinguino pepino sorbillo

Dal Piemonte, invece, arrivano i Pinguini di Pepino, l’antesignano del gelato sullo stecco in diversi gusti tra cui mi sentirei di consigliare la Viola e la Gianduia.

bio chinotto pizzeria Lievito Madre Napoli nocillo e' curti on the rock

A seguire, le bevande bio (chinotto un po’ dolce, meglio l’aranciata) e quelle di Casa Sorbillo, una birra di Kharma e due vini: una Falanghina e un Aglianico entrambi del beneventano disponibili anche a bicchiere.  Chiudo con un nocillo e’ Curti on the rock.

Roberta-Paparozzi-Gino-Sorbillo-Lievito-Madre

Anche se la sensazione di pesantezza della pizza qui la potete provare solo se eccedete in quantità. Ho rifatto un giro in serata senza macchina fotografica per conoscere la nuova restaurant manager del “Gruppo Sorbillo”, Roberta Paparozzi, e per condividere altre due specialità di Lievito Madre a Mare: la “diavola” Salame Irpino con salame artigianale tipo Napoli e peperoncino e la Torzelle e Conciato Romano. Impasto sempre morbido e generoso.

brigata-Lievito-Madre-a-Mare-l-tavolo

Tre pizze in meno di 12 ore e resta l’indecisione: Gino ha battuto Sorbillo e, in caso affermativo, di chi è la colpa?

Gino Sorbillo Lievito Madre al Mare. Via Partenope, 1. Napoli. Tel +39 081.19331280

 

Niko Romito dà Spazio agli allievi della scuola con un ristorante in gestione

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Spazio-Rivisondoli-laboratorio-Niko-Romito

Si chiama Spazio ed è quello che Niko e Cristiana Romito vogliono regalare agli allievi della scuola di formazione di Casadonna. Il vecchio Reale a Rivisondoli, il locale che ha visto muovere i primi passi dello chef abruzzese, si trasforma e diventa parte integrante dell’offerta formativa.”Abbiamo voluto ampliare la nostra proposta formativa aprendo un locale in cui sono i giovani Chef della Niko Romito Formazione i veri protagonisti, sia in cucina che in sala con i clienti», spiega Niko. “Uno Spazio per gli Chef del futuro, per i produttori e le eccellenze del territorio”.

Dodici studenti completeranno il loro percorso formativo dietro i fornelli di Spazio che è a poca distanza dalla Niko Romito Formazione, la scuola di alta gastronomia che lo Chef ha inaugurato l’anno scorso a Castel di Sangro. Un laboratorio, aperto anche grazie all’interesse di Pasta Garofalo, Caffè Lavazza, Acqua Fiuggi, Pentole Agnelli, Molino Caputo, Oli Ursini, Gourmet Service, Digital Borgo, KitchenAid, Selecta, Broggi, Villeroy & Boch, Cirone Massimo Clelio Ag.Montesilvano, Mieli Thun, Azienda Feudo Antico, Agenzia Stefano Conti Roma, che però accoglierà il pubblico e fornirà agli studenti il feeling rispetto a quanto imparato a scuola.

Spazio Rivisondoli Interno

La parola d’ordine è semplicità e si declina con una gestione completa di cucina e sala. Saranno, infatti, gli stessi chef a presentare i propri piatti e a creare il legame tra fornelli e tavoli. Un’esperienza sul campo che potrà essere messa a frutto quando inizieranno a lavorare nei ristoranti. Niente camerieri, quindi, né tovaglie e carta dei vini. Gli avventori troveranno menu a prezzi contenuti, rispetto della stagionalità e scambio costante con i quaranta clienti e i produttori anche se Spazio, tiene a precisare Niko, non è un ristorante ma semplicemente l’appendice naturale della scuola di alta cucina. Un esperimento da assaggiare, dal 5 agosto, nonostante non sia un nuovo ristorante.

Spazio. Via Regina Elena, 49. 67036 Rivisondoli (L’Aquila). Tel. +39 393 4636841


Carbonara di mare: la ricetta è il migliore pretesto per una cena di pesce

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carbonara di mare Giulio Terrinoni

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carbonara di mare ristorante Acquolina Roma

Mi mancava la carbonara di mare al ristorante Acquolina. Piatto classico di Giulio Terrinoni che un paio di settimane fa aveva proposto un menu a quattro mani con Angelo Troiani. Il piatto è del 2006 e da allora è diventata presenza stabile in carta anche se non sempre è disponibile perché è legato alla disponibilità delle uova di pesce. “In questi anni ho migliorato la ricetta con piccoli cambiamenti”, spiega lo chef che ora utilizza un blend di diverse uova di pesce, mentre la cremosità è affidata al parmigiano. L’abbinamento con la bottarga potrebbe sembrare un delitto sulla carta. Invece, va a nozze. Lo spaghettone di millimetrica cottura e perfetta mantecatura ne fa un piatto da proporre anche a casa. Con l’aiuto della video ricetta, è possibile replicarla a patto di rifornirsi di materia prima di elevata qualità.

Ma, prima di lasciarvi a ingredienti e procedimento, ecco il percorso che ha preceduto la degustazione del Superspaghettone alla Carbonara di Mare e che potrebbe fornirvi qualche spunto per il vostro menu di mare.

prosciutto palamita Acquolina Roma visages de canaille Barricchi parmigiana pesce bandiera Acquolina Roma

Entrée affidata al cornetto con prosciutto di palamita, questa volta abbinata a un arancino di friggitelli. La parmigiana di pesce bandiera con melanzane e provola affumicata la ascrivo al genere comfort food come la torta di baccalà. Un’ottima divagazione rispetto alla classica di soli ortaggi ben accompagnata da un brut rosé con 6 annate di nebbiolo di Cascina Baricchi.

crudo Acquolina ostrica cipolla rossa crudo pesce Acquolina carpaccio fragolino crudo pesce Acquolina scampo pesca crudo pesce Acquolina prosciutto ricciola crudo pesce Acquolina tartare dentice

Nel Crudo Acquolina (qui in versione leggermente ridotta), il Freddo di cipolla rossa con ostriche e pane al gorgonzola resta il mio preferito (e qui trovate la ricetta) per la croccantezza dell’ostrica e l’ottimo abbinamento con la granita. Insuperabile. Al cospetto sembrano normali il carpaccio di fragolino con ciliegie, lo scampo abbinato alla pesca, il prosciutto di ricciola che è boccone prelibato con i fichi, la tartare di dentice alla catalana con pomodori e patate affumicata con legno di castagno.

Movia Veliko 2007 gran fritto ristorante Acquolina Roma fritto Acquolina ristorante

È il momento di un altro classico dell’estate, il fritto che qui è Gran Fritto Acquolina. Morbidi e intriganti i molluschi, croccante le verdure, perfetta l’oliva ascolana. La cena continua con un Veliko 2007 di Movia, naturale ma non estremo e una presenza di Pinot che, mi assicura Giulio Bruni, è il segnale di eleganza di questo vino. Il gazpacho di peperoni in coppa esalta la burrosità di questo fritto all’italiana.

triglia alloro Acquolina Roma

La triglia è un altro banco di prova dei ristoranti di mare. Ne avete mai trovato uno che non lo proponga come firma naturale dell’estate? Giulio Terrinoni ne dà un’interpretazione leggera con l’alloro che la profuma e un accompagnamento di caponata di melanzane. Piatto forse un po’ troppo etereo,ma che lascia apprezzare la qualità del pesce.

ravioli radici Acquolina Roma

E ci ripensa subito un tostissimo raviolo di radici con crudo di gambero rosso a dare una spinta fortissima di terra e di verde con il contrappunto dei crostacei e la salsa in emulsione. Molto buoni. Un pelo sotto la carbonara di mare che ha anche armi di suggestione maggiore non limitandosi a fondere ingredienti di mare ma a riprendere gusto e visual di una carbonara “di terra”.

gelato passion fruit Acquolina Roma

Chiudiamo con un freddo cannolo di frutto della passione su una gelatina di basilico accompagnato da un passito delle Cantine Barbera. I sapori dell’estate piena sanno di pesce e di mare. E questa carbonara sarà splendida per la vostra tavola.

Acquolina Hostaria in Roma. Via Antonio Serra, 60 (zona Collina Fleming).  Roma. Tel. +39 06.3337192

Carbonara di Mare

carbonara di mare Giulio Terrinoni

Ingredienti (per 4 persone)

500 g di vermicelli bucati (di Gragnano)
350 g di uova di pesce (per esempio sogliola, spigola, muggine, maccarello)
200 g di Bottarga di produzione “Acquolina”
4 cucchiai di latte intero
4 cucchiai di parmigiano
30 g di vino bianco
1 spicchio d’aglio
pepe nero, sale
olio extra vergine fruttato medio (Sicilia)

Procedimento

  1. Priva le uova di pesce della pellicola esterna.
  2. In una scodella mescola latte e parmigiano, amalgama e tieni da parte.
  3. In padella fai scaldare l’olio e aggiungi la bottarga precedentemente tagliata a listarelle. Quando è divenuta croccante, toglila dal fuoco e posala su un panno di carta.
  4. Nella stessa pentola metti uno spicchio di aglio e le uova di pesce, fai prendere calore, bagna con il vino bianco fino a farlo evaporare.
  5. Cuoci la pasta in abbondante acqua bollente, scolala al dente, aggiungi le uova e il composto di latte e parmigiano e manteca facendo cuocere per un minuto sul fuoco.
  6. Fuori dal fuoco aggiungi il pepe macinato fresco e servi in un piatto fondo, decorando con fettine di bottarga croccante.

Otaleg, perché con il gelato salato puoi mangiare cacio e pepe al top in estate

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Cacio e pepe, mania tutta romana che d’estate deve attenuarsi in ragione delle ondate di calore per fare spazio a spaghetti più estivi. A meno che non facciate un passaggio da Otaleg cioè gelato scritto al contrario che però ha trovato la strada giusta per il gelato artigianale. Marco Radicioni, ex culturista e istruttore di Gabriele Bonci (sì, proprio il Bonci della pizza che in questo mese è vegan) ha aperto da un anno questa gelateria definita acquario perché i passanti possono vedere Radicioni all’opera.

Il gelatiere che ha sperimentato insieme a Bonci usa la motogelatiera cattabriga inventata da Otello Cattabriga negli anni ’20 del secolo scorso. In breve, rispetto ai mantecatori orizzontali, usando la cattabriga che è verticale, l’artigiano deve stabilire il “punto di gelato” cioè quando il gelato è pronto per l’estrazione. Un limite, che però è un pregio della cattabriga, è la quantità di gelato che si può lavorare: al massimo 6 chili. A favore della macchina verticale c’è anche una mantecatura meno stressante, le bolle d’aria più grandi, la possibilità di utilizzare frutta o altri ingredienti a pezzettoni.

Marco-Radicioni-Otaleg-Roma otaleg-gelateria-roma panna-Otaleg-Roma

Tutte frecce all’arco che Marco Radicioni ha iniziato a utilizzare con maestria mettendosi in luce soprattutto con le proposte salate, la cacio e pepe, ad esempio. Che il suo collaboratore ha correttamente voluto farmi assaggiare per la particolarità del gusto. Centrato, molto equilibrato, l’ho assaggiato in coppetta ma sul cono sarebbe stato l’equivalente di un piatto di pasta anche per l’ottimo sapore delle cialde. Non ve lo perdete (e se avete dubbi un cucchiaino di assaggio vi farà cambiare idea).

Osare con nuovi gusti è la chiave di volta di alcune gelaterie artigianali anche se le notizie sull’ondata di caldo che sta salvando la stagione del gelato iniziata male riporta classifiche di gusti ben tradizionali con il cioccolato in testa (27%) e gli altri a seguire: nocciola (20%), limone (13%), fragola (12%), crema (10%), stracciatella (9%), pistacchio (8%). Il pecorino romano, basilico e miele d’acacia a questo punto diventa fin troppo piacione per chi è alla ricerca di emozioni strong.

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Che non mancano nel cono con ricotta del “solito” Raffaele Barlotti di Paestum in abbinata convincente con cacao e zucchero e unita a una crema e mandorlato di Scaldaferro di lunghissimo piacere.

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Il comparto creme è davvero sostenuto. Il cono con nocciola di Piemonte e Igp e Chuao Amedei scava una voragine a proposito di classifiche della tradizione dei gusti. Un altro abbinamento da non perdere per i cultori dell’accoppiata più in voga secondo i sondaggi.

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Un attimo di delusione per il cono alla frutta. Il limone della varietà sfusato di Amalfi è un po’ troppo dolce al palato e la pesca nettarina, mentre il lampone si piazza a ottimo livello ed è uno dei gusti da consigliare al primo assaggio.

Capitolo prezzi. Assolutamente competitivo con il gelato a 25 € al kg, 1,5 € il cono per i più piccoli, 2,50 € il cono medio e 4,0 € il più grande. Con il plus di una panna (10 € al chilo per l’asporto) che accompagna e non copre. Gelato salato, insomma, ma non costoso.

In classifica Roma, si piazza sul podio dei migliori anche se le mantecature/mousse di Ermanno Di Pomponio di Neve di Latte restano sempre in vetta. Ma sul capitolo salato, una nuova stella è nata e il nono posto nella Top 50 del gelato artigianale potrebbe andargli un po’ stretta.

Otaleg. Via dei Colli Portuensi, Roma. Tel. +39 3386515450

 

Dinner by Heston Blumenthal. La cucina a Londra è tutta un’altra storia

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Heston Blumenthal

“Possibile che la cucina inglese sia stata solo fish & chips?” Per Heston Blumenthal, padre della cucina molecolare e gloria dell’alta gastronomia britannica, corteggiato per anni dal mercato fino alla capitolazione finale, la sfida inizia così.

Per l’anti-Ramsay, campione di understatement e “topo” da cucina tra i fornelli defilati di Bray dove l’avventura del Fat Duck è iniziata nel 1995, e dove lo chef ha messo radici anche con due pub, l’Hind’s Head, Pub dell’anno Michelin 2011 e il  Crown Inn, dimostrare che la cucina inglese è molto più del fish&chips è stata la freccia da scoccare  con assoluta precisione.

Cucina Dinner Heston Blumenthal Londra london-restaurant-dinner-by-heston-blumenthal-2 london-restaurant-bar-boulud-kitchen-1

Così, il 1° dicembre del 2010 nasce Dinner nell’abbraccio di una delle più blasonate strutture alberghiere londinesi, con vista su Hyde Park e la fermata della metropolitana a un passo. Esercizio di democrazia culinaria sicuramente riuscito. Usciamo dal tube anche noi, in un mattino assolato, per cominciare a perderci, pochi secondi dopo, tra i sorrisi e l’andirivieni sapiente del suo personale. Che definire competente è dire poco.

Il nostro tavolo è prenotato da una settimana e due camerieri italiani sono quel che ci vuole per non perdersi in un menu che ai segreti dell’inglese unisce i misteri della storia della gastronomia britannica.

Nella carta del Dinner le portate hanno  date lontane e rimandano a fonti libresche, la prima che nella storia attesta la presenza del piatto. Un esercizio storico che a un Italiano ormai messo a bagnomaria nella ricostruzione della sua tradizione culinaria in salsa contemporanea, l’unica formula che sembra funzionare, balza subito agli occhi. Circa 1720, circa 1730, 1800, 1884. Sembrerebbe quasi di trovarsi al cospetto di un novello Virgilio intento a ricostruire natali regali a una delle tavole più bistrattate della Vecchia Europa. Almeno nell’opinione più mainstream. Invece, è proprio da un passato glorioso che il team di Blumenthal ha attinto per costruire i suoi menu. Il ritorno al futuro di piatti in cui alcuni nomi accarezzano l’orecchio italico: Slow cooked Pork Belly (c. 1710) sarà una bassa temperatura alla maniera della cucina economica dei nostri avi?

menu-Dinner-Londra

Da Dinner, all’ora del pranzo, è disponibile un menu alla carta e un “set lunch menu” per chi vuole avventurarsi tra i piatti del settimo ristorante della 50 Best senza spendere una fortuna. Troviamo un compromesso anche noi: un percorso degustazione con 3 piatti a 36 sterline (più un bicchiere di vino a 7,50 – 2 costerebbero 16,50 e 3 arrivano a 29,50 sterline) e l’assaggio di qualche proposta “iconica” come li definisce il gentilissimo cameriere che ci guida con discrezione e simpatia in questa avventura che ha tutti gli ingredienti per restare indimenticabile.

Salamagundy insalata pomodoro Dinner Londra 2

Si inizia con il Salamagundy, insalata di pomodoro affumicato e sedano. L’ispirazione pop è semplice: preparare un’insalata con con gli avanzi. La consacrazione libresca è in un libro del 1720, The Cook’s and Confectione’s Dictionary di John Nott. Raro equilibrio tra freschezza e affumicatura. Il mio commensale commenta: l’ideale per la mia dieta. Potrebbe essere messo a calendario insieme all’insalata di cipolla bruciata di Salvatore Tassa con uovo marinato e erbe di campo.

razza Dinner Londra pancia di maiale Dinner Londra

Proseguiamo con due main: il Roast Ray Wing & Admirals Sauce, con scalogno, piselli, burro e capperi. Di antico c’è la salsa con burro, aceto di cherry e capperi. La razza non me la sarei aspettata in un menu del 1826, dichiara la carta. Mi suona come un lascito di Horatio Nelson che vince nonostante tutto e dimostra che la cucina inglese di mare non è solo fish&chips.

Lo Slow Cooked Pork belly, pancia di maiale con riduzione di brodo di maiale. Morbido dentro, croccante fuori. Una delle portate più gettonate del Dinner che potrebbe confermare la carta jolly della bassa temperatura a tutte le latitudini europee. L’accompagnamento delle mele è un classico, anno di grazia 1710.

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Proviamo fuori menu anche il Meat fruit, un altro dei piatti più richiesti a giudicare dai tanti mandarini che fanno capolino dai vassoi e attraversano la sala di legno e vetri del Dinner. Pane e mandarino, all’apparenza. Cosa c’è di più antico del pane con la frutta? Piatto da fine Medioevo e Guerra delle Due Rose. Siamo tra il 1300 e il 1500. Solo che il mandarino è una mousse di fegato e foie gras ricoperta da una gelatina di mandarino. Golosissima la spalmata sul pane. Una deroga senza pentimenti al mio nascente rifiuto (etico) per il fegato d’oca. Un piatto difficile da condividere per il mio commensale.

millionaire tart Dinner Londra crostata aronatizzata Dinner Londra

Per dessert ordiniamo la Millionaire Tart: torta al cioccolato con caramello salato, ganache di cioccolato, sale, gelato alla vaniglia e polvere d’oro. Un altro viaggio nella storia (1730), a quando il cioccolato, arrivato da Oltreoceano una cinquantina di anni prima, veniva tostato con la vaniglia per essere meno amaro. Molto buona.

La  Shrewsbury Gooseberry Tansy Tart, crostata aromatizzata al cumino con marmellata di uva spina, crema pasticcera all’acqua di rose (che fa tanto Ottocento, appunto) e caramellata con una spruzzata di noce moscata. Un contrappunto di acidità e dolcezza che non stanca.

Tipsy Cake Dinner Londra

Fuori dal menu degustazione ordiniamo anche una Tipsy cake, brioche cotta nel vino con aggiunta di crema, farcita e infornata più volte. Ancora una strizzatina d’occhio alla cucina degli avanzi e all’abitudine, in periodo vittoriano, di servire pane raffermo innaffiato di brandy e crema (o zucchero) che rendeva alticce (tipsy) persino le signore. Un’altra delle preparazioni slow di Dinner, come l’ananas che accompagna il tortino nella cocotte. Arrostito allo spiedo, ci spiegano, per 4/5 giorni, spennellato con burro, zucchero di canna e succo di mela. Caramellato e affumicato insieme, sotto gli occhi vigili dei 20 camerieri che si muovono veloci dietro le vetrate della cucina a vista, sorvegliati dal braccio destro di sempre, Ashley Palmer-Watts.

Qui transitano, per una formazione di due settimane, anche i camerieri che devono sapere tutto del menu: vita morte e miracoli e te lo spiegano come fosse la prima volta che lo raccontano a qualcuno. Forse non si scalano le vette delle guide più prestigiose se non si hanno ragazzi così in sala.

Dinner by Heston Blumenthal. Mandarin Oriental Hyde Park.  66, Knightsbridge. Londra. Tel. +44 (0)20 7201 3833

Low cost fronte mare a Oban, capitale scozzese dei piatti di pesce

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Oban è la capitale scozzese dei frutti di mare, là dove ostriche, cozze e aragoste prendono il largo verso i migliori ristoranti del Nord-Europa. L’approvvigionamento è agevole e sedare la voglia di pesce fresco è sempre possibile. Il Waterfront Fishouse Restaurant ci convince per la sua accessibilità. Non è lontano dal nostro delizioso bed & breakfast (il Glenbervie, prendete nota) ed è raggiungibile a più piedi.

 

Sulla strada non vi fate mancare una visita alla distilleria, una delle più antiche e piccole della Scozia che da 200 anni produce un whisky ben noto agli intenditori, all’incrocio tra il gusto dolce delle Highlands e l’affumicato e secco delle Islands, le isole Ebridi che proteggono Oban dai venti freddi che spirano dall’oceano. La vista sulla baia di Oban è incantevole, come lo è il panorama delle casette appuntite e immerse in un riposante paesaggio nordico.

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Seduto al tavolo di questo locale ‘pieds dans l’eau’ in legno e mattoncini, studiatamente rustico, l’andirivieni di pescherecci che scaricano frutti di mare e ripartono per un’altra scorta amplifica la voglia di pesce. Si comincia.

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Una bella zuppa ci sta tutta a queste temperature rinfrescate da una pioggerella intermittente. Ne proviamo due: quella del giorno di terra con carote e coriandolo (rinfrancante) e la zuppa di pesce con eglefino affumicato, patate e porro (gustosa e vellutata), da accompagnare con del buon pane imburrato.

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Di rigore il fish & chips. Eglefino e patate fritte serviti con limone e salsa tartara. La freschezza del pesce è fuori discussione ed è buono quasi quanto quello che abbiamo assaggiato a 200 km di distanza e che abbiamo adottato come il nostro benchmark di bontà in materia.

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Il Waterfront Fishouse Restaurant sa anche essere economico con il ‘Lunch And Early Evening Menu’ (tre portate a 11,99 sterline): dopo la zuppa arriva l’eglefino grigliato, servito su un purée di patate e salsa di Cheddar. Un comfort food oceanico che riscalderà il vostro pranzo.

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Arrivano anche ravioli di aragosta fatti a mano e salsa di erbe, filetto di merluzzo su crema di di peperoncino verde e capperi, servito con risotto al salmone affumicato. Il pesce fresco e locale che d’estate in molte località italiane sembra una chimera qui è disponibile e cucinato senza virtuosismi ma con una base solida e piacevole.

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Anche se siamo in un ristorante di pesce, non mancano le portate di terra. Il commensale carnivoro ordina un petto d’anatra su salsa di aglio, peperoncino verde, sesamo e soia. Morbido e cotto a puntino. Chi non ama il pesce è salvo anche fronte mare.

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Per concludere assaggiamo uno ‘sticky toffee pudding’, dolce inglese e orgoglio della casa, che scalda la nostra voglia di estate. A seguire una torta al limone con accompagnamento di frutti di bosco e una torta al cioccolato amaro. Degna conclusione per un pasto all’altezza delle aspettative.

E leggero anche il conto: 131 sterline per 6 persone.

Waterfront Fishouse Restaurant. 1 Railway Pier, Oban (Scozia). Tel. +44 (0)1631 563110

[Immagini: kellyredinger.com, theskinny.co.uk, automation-drive.com, texos.ch, thebourbonintelligencer.blogspot.it]

Lardo, arancia e pistacchi, la migliore piadina dell’Osteria del Campanone e non solo

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Massimo è un tipo particolare. Lo capisci subito appena cerchi su google la sua osteria. Che non è un ristorante, ma una piadineria. Particolare, appunto, perché si chiama Osteria del Campanone. È non ha numero di telefono (né internet), quindi dimenticatevi di prenotare e ricordatevi che a partire dall’autunno chiude il lunedì. Per evitare di fare un viaggio a vuoto. Perché il viaggio (pieno) vi consiglio di programmarlo. Siamo a Santarcangelo di Romagna e qui, sotto il campanile, c’è il locale che non diresti piadineria.

Massimo ci accoglie dicendoci che non sa quanto c’è da aspettare e quasi vorrebbe che la sua risposta ci spingesse a non restare. Per evitare il peso del rischio. Gli chiediamo una birra e ci disponiamo ad attendere nella sala interna. Lì dove avremmo consumato le famose piadine di cui va noto. Invece, ci invita ad accomodarci all’esterno e tira un sospiro di sollievo: “Così sto più tranquillo”, spiega. Il benessere dei commensali innanzitutto. Mi piace questa filosofia.

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Ci propone un cestino con vari assaggi. Noi non possiamo fare a meno della piadina con le acciughe che co hanno caldamente raccomandato. E men che meno di quella con arancia, lardo e pistacchi. Se possibile, ancora più famosa.

Osteria del Campanone Santarcangelo birra-artigianale-labachera

Ecco, arriva il cestino e io (quasi) diligentemente provo a mandare a memoria.

Pomodori, rucola, squacquerone, acciughe
Erbette e caciotta
Salsicce, patate e scamorza
Fichi caramellati e stracchino
Zucchine grigliate e provola

Sono convinto che la piadina con lardo, arancia e pistacchi sia la migliore. Ma poi mi viene il dubbio che l’Osteria del Campanone possa entrare nel novero delle migliori piadinerie. Anche se non dichiara di essere piadineria e non è nemmeno osteria. Ma aspetto che qualcuno rinfranchi il mio giudizio.

Osteria del Campanone. Piazzetta Galassi, 8.  47822 Santarcangelo di Romagna.

Glasgow. The Shandon Belles, ottimo ristorante per tutti a 18 sterline

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Tanto infelice la location, in uno scuro angolo della periferia di Glasgow, tra il rumore assordante delle auto che sfrecciano sull’autostrada M8, quanto accogliente l’interno. Cosy, direbbero gli Inglesi per descrivere l’atmosfera di piccolo paradiso del fine dining alla portata di tutti.

Per accedere al The Shandon Belles si scende una scala che conduce ad un seminterrato. Al piano terra c’è il Two Fat Ladies at the Buttery, il ristorante avviato nel 2007 per replicare il successo di un’altra icona della ristorazione scozzese, il The Two Fat Ladies West End, fondato nel 1989 e ben noto al popolo dei gastrofanatici della Vecchia Europa.

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I due ristoranti, stesso chef e stessa proprietà (ma c’è anche il Two Fat Ladies City Centre, il più centrale del quartetto, aperto nel 2005), condividono anche l’immobile, già sede di un pub nell’Ottocento, trasformato in ristorante verso la metà del secolo scorso e diventato vivace ritrovo della comunità finanziaria della città al punto da essere risparmiato dalle demolizioni dei quartieri operai di Glasgow negli anni del declino industriale. Quasi a simboleggiare la capacità di questa città di rinascere e reinventarsi, come le è toccato in sorte più volte nella sua storia. Una storia che l’ha vista passare da grande potenza commerciale e industriale nel Settecento e Ottocento, quando diventa la seconda città dell’Impero britannico e uno dei più importanti centri dell’industria navale e ferroviaria mondiale, al crollo della Grande Depressione e poi ancora al boom degli anni Cinquanta e alla riscossa della finanza e del turismo passando per il declino postindustriale.

Ci attira l’idea di vedere di che cosa è capace uno chef, quello stesso David Monaghan che dirige la cucina del Two Fat Ladies at the Buttery e firma il menu di questo bitrot, quando si mette in testa che una ristorazione di qualità possa essere cucina per tutti.

Operazione riuscita: 18 sterline a persona per 3 portate ci è sembrato il giusto prezzo (ma c’è anche il menu a 15 per due portate) per una cena preparata con ingredienti di qualità, servita con gentilezza e competenza, in un’atmosfera curata e accogliente. Cucina contemporanea che guarda al passato con interesse.

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Pizza bianca con olio e aceto è un incipit che suona familiare per  scaldare le mandibole. La zuppa di broccoli è il piatto del giorno per iniziare.

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Tra le specialità del ristorante ci propongono (poteva essere altrimenti? Siamo in Gran Bretagna!) hamburger e patate fritte. La carne è un po’ secca e il condimento che ci servono in accompagnamento, chutney di pomodoro, è troppo delicato (insulso) per colmare il gap con un modello inarrivabile. Ma forse abbiamo dimenticato di chiedere l’extra di formaggio o bacon e non certo per il supplemento di 0,75 sterline!

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La pancia di maiale, servita su purée di patate, con top di black pudding e succo di vino, è un boccone di Inghilterra. Non giova il confronto con un insuperabile Slow Cooked Pork belly divorato a Londra, ma quella è un’altra storia.

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Concludiamo con un cranachan al bicchiere, dolce tipico scozzese con avena, panna, whisky e lamponi. Rinfrescante e “di sostanza”. E con una tazza di Irish cream al cioccolato amaro, molto buona.

Ce ne andiamo che è ancora giorno. Sopra di noi il rombo delle auto, in bocca il sapore di una cucina gentile. E’ Glasgow, due facce della stessa medaglia.

The Shandon Belles. 652 Argyle St. Glasgow. Tel. +44 141 221 8188

 

Le Trabe, ristorante alle porte del Cilento al sapore fresco di stella Michelin

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menu Le Trabe Capaccio Paestum

Capodifiume, Caput Aquae, è un luogo denso di storia. Il menu del ristorante Le Trabe te lo ricorda. Qui era ed è l’inizio del corso d’acqua e dell’abbondanza. I Greci lo santificarono con un tempio dedicato alla dea Persefone la divinità della primavera e dell’estate. E, un secolo dopo, costruirono una strada di collegamento con Paestum e i suoi templi che finiranno nell’oblio sino al Grand Tour e alla passione per l’archeologia e il mondo classico.

le trabe ristorante

La tenuta Capodifiume come la si vede oggi è proscenio ideale per cerimonie e matrimoni, un’altra attività insieme a quella delle mozzarelle di bufala che riesce benissimo nell’area di Paestum. La famiglia Chiacchiaro una ventina di anni fa rileva la tenuta di circa 15 ettari che fino agli anni ’60 ospitava una centrale idroelettrica per riportarla all’antico splendore. Una ristrutturazione a tratti appariscente, con la sala esterna a contatto dell’acqua che ha ripreso a scorrere nella centrale (la tenuta produce circa 100 kw al giorno che finiscono nella rete elettrica dell’Enel), fa la felicità delle coppie di sposi con la bella scenografia.

Alla fine degli anni ’90, la voglia di cimentarsi anche con la ristorazione. Attività coronata a novembre dello scorso anno con l’assegnazione della stella Michelin che ha premiato l’impegno dello chef Peppe Stanzione e della sua brigata. La geografia del cielo stellato di questo lembo di terra salernitana è diventato un triangolo insieme al Papavero di Eboli e alla Locanda Severino di Caggiano, tutti intorno ai confini del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.

Nella serata ferragostana l’atmosfera è rilassata e, per fortuna, la cucina chiude alle 22:30, orario che consente di mettere una toppa al consueto affollamento e ritardo dei treni: la ferrovia si è fermata a Salerno, nemmeno ad Eboli. Altri due commensali ad un altro tavolo e attenzione concentrata sui 5 avventori.

Per chi ha una lumga frequentazione della ristorazione cilentana basica e spesso familiare (con punte di eccellenza da segnare in rubrica), fa un certo effetto trovare riti e movenze di alta cucina a queste latitudini. Un piacere che speriamo si diffonda anche lungo l’acrocoro e la costa di un territorio generoso di materie prime ma ancora legato a calendari di villeggiatura che non esistono più.

burro bufala alpeggio Le Trabe Capaccio Paestum

Locale e internazionale, tradizione, wedding, materie prime. Tutto si concentra in un piattino che mette insieme il burro di bufala del caseificio Barlotti e quello di alpeggio francese proposto dalla Selecta. Un contrasto, buonissimo, che accompagna tutta la cena partendo da questi assaggini su un pane delicato e saporito (e che costituirà l’unica pecca della serata, perché 2 pani terminano prima della fine della cena e da uno stellato non te lo aspetteresti, insieme a un certo riverbero di fiori edibili).

entrée Le Trabe Capaccio polipetto Le Trabe Capaccio Paestum tagliatelle seppia Le Trabe Paestum mezzo pacchero taratufi Le Trabe Capaccio

L’entrée di benvenuto è fulminante con un pomodoro acido e fresco che si stampa nella memoria insieme al frittino. Un po’ più spaesato il polipetto arrosto con sbriciolata di tarallo al finocchietto, con cuori di insalatine saltati all’olio di macadonia. Mi manca un po’ di mordente in questo piatto che fa parte del menu degustazione di mare con 6 portate che lasciamo a scelta dello chef.

Si riprende subito a salire con la tagliatellina di seppia arrostita al suo nero, crema di mais e maionese di avocado che lascia un sapore lunghissimo del cereale. I mezzi paccheri del pastificio Vicidomini con taratufi di mare sono un inno alla freschezza grazie soprattutto al limone sfusato di Amalfi. Una variazione alla classica pasta d’estate da segnare in agenda.

capesante Le Trabe Capaccio capesante Le Trabe Paestum

Ancora uno sguardo oltre il territorio con la capasanta scottata al burro di cacao con cetrioli, asparagi, salsa di soia e insalatina di alghe apprezzata anche da chi al tavolo non ha grande predilizione per i molluschi.

frutta ghiacciata Le Trabe Paestum cioccolato rhum caffé Le Trabe Capaccio

Molto buona la frutta fresca e ghiacciata, abbinamento tra frutto e sorbetto che propone in maniera ineccepibile il dolce freddo. Il dolce è un trittico Cioccolato, rum e caffè con pan di spagna e cioccolato bianco salato molto buono.

Indeciso tra due vini prediletti che difficilmente incontro nella stessa carta, Pian di Stio San Salvatore e Fiano di Ciro Picariello, ho optato per l’avellinese del 2011 che al solito ha regalato una bella soddisfazione per tutta la cena.

Le Trabe Capaccio

Nel silenzio del curatissimo viottolo, il casale che ospita la sala del ristorante si staglia sotto le luminarie che rischiarano la sagoma del santuario della Madonna del Granato in alto sul promontorio del Monte Calpazio. La Tenuta Capodifiume e il ristorante Le Trabe sembrano il punto di congiunzione di due mondi impossibili: l’alta cucina e il catering. E diventano possibile modello di riferimento per un’industria turistica del Sud che sa come valorizzare territorio e cucina. Non poco di questi tempi.

Le Trabe Tenuta Capodifiume. Via Capodifiume, 4. Capaccio-Paestum (Salerno). Tel. +39 0828 724 165


Eataly in Campagna. Cosa mangerete ora che ha aperto per i turisti, presumo

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Eataly in Campagna San Damiano d'Asti 11

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Siamo stati da Eataly in Campagna, a San Damiano in frazione Lavezzole, provincia di Asti. La nuova creatura di Oscar Farinetti che ci dice che la campagna per conquistare nuovi spazi fuori città è iniziata.

Innanzitutto ci siamo persi per raggiungerlo, ma questa è un’altra storia che renderà la scoperta di Eataly in Campagna molto più divertente. Avrei subito da chiedervi se a Eataly in Campagna sarà frequentata dai cittadini in fuga verso la campagna sul modello mai dimenticato dei cacciatori di loden scontati fuori porta anni ’70 o dai turisti che dopo il Chiantishire degli anni ’80 e ’90 hanno nel mirino Piemonte e Campania di questo secolo.

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L’edificio di Eataly si amalgama bene con la campagna. Non è affatto un cubo di cemento in mezzo alle colline, ma ha l’aspetto di una grande cascina ristrutturata con il tipico colore bordeaux che ti accoglie e fa tanto country.

Ci siamo stati solamente a pranzo e non abbiamo svolto nessuna delle attività didattiche che il centro offre. Abbiamo girovagato tenendo ben a mente la piantina di Eataly Torino, la madre di tutti gli Eataly del mondo, e ovviamente abbiamo mangiato i piatti. Clienti normali, insomma.

La prima differenza che colpisce appena si varca la soglia di Eataly in Campagna, rispetto a Eataly Torino, è la dimensione. Qui a San Damiano è tutto molto più raccolto, in scala, come ti aspetteresti nel confronto tra metropoli e campagna. Resiste, però, la suddivisione su due livelli.

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A piano terra ci sono le zone dedicate all’acquisto: i prodotti agricoli locali, con prezzi molto onesti e un bel cartello che avvisa della provenienza locale dei prodotti; i prodotti selezionati dagli scaffali di Eataly Torino) e una zona tavoli dove si può mangiare. La scalinata fa da spartiacque con la zona bar: qui viene servito e venduto solo il caffè Valle della zona, e non altre miscele.

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Al primo piano si sale con le scale che  spiegano il senso della location con i campi e le colline che si stendono davanti e invitano al pranzo agricolo. È questa l’area dedicata alla ristorazione, con arredi sul modello quasi Ikea dei tavoli che hanno lo scomparto borse e affini e le sedie country. Sullo sfondo, ecco il forno per la pizza. Non ci sono, ahimè, vetrate ma solo finestre per guardare il panorama.

Non ci sono le isole tematiche, “la carne”, “le verdure” e così via degli Eataly di città, ma un’unica area e un unico menu che propone sia pasta, sia carne, sia pizza (che a pranzo non servono). E poi, scritte su lavagne, le specialità del giorno tra cui il vitello tonnato e la grigliata mista che decidiamo di ordinare.

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Si parte con un’insalata russa decisamente buona, con tonno e verdure croccanti. Il vitello tonnato è servito (meno male) come dovrebbe sempre essere: la salsa che non copre la carne e in porzione decisamente abbondante. La grigliata mista non mi fa gridare al miracolo, come il dolce di pesche e cioccolato.

Un conto di 46 euro con acqua e vino locale, per un pranzo promosso.

Il personale è stato, per la nostra esperienza, il fiore all’occhiello del pranzo. Molto diverso dal tipo di concezione “eatalyana” torinese in cui si ordina a una persona, ti serve un’altra e un terzo cucina. Qui abbiamo visto poche persone servire, tutte molto competenti e senza le magliette reclamizzanti gli slogan Farinettiani. Finalmente, oserei dire! Sarà la svolta di campagna più agricola e meno propensa agli slogan?

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Locale poco frequentato in questa giornata ferragostana: oltre a noi solo una coppia e una famiglia. Tra assenza di pizza e ferie si potrebbe annidare il motivo della scarsa frequentazione che non è certo la norma per gli store di Farinetti.

Il posto è  bello e curato e sicuramente attirerà turisti impegnati in vacanze enogastronomiche nella zona, ma non siamo sicuri che possa corrispondere alle esigenze degli abitanti locali. O forse bisognerà attendere il rientro per vedere se Eataly saprà attirare chi intorno a San Damiano abita e lavora, agricoltori e produttori compresi. Mi sembra un po’ come vendere il frigorifero agli eschimesi, ma sarà la mia visione distorta da cittadina in cerca di cibo tipico come varco la scritta Torino e la Mole sparisce alla mia vista.

Londra. Da Mug House per un hamburger e al Borough Market a fare spesa

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Mug House è nascosta sotto gli archi della ferrovia del London Bridge, da qualche anno teatro di una gigantesca opera di ristrutturazione urbanistica. Siamo nel quartiere Southwark, a sud del Tamigi, a Londra, la capitale europea che ad ogni viaggio scopri in pole position nella gara della modernità.  Spazi riconquistati all’archeologia industriale e restituiti alla città. E’ qui che da qualche anno espongono le loro merci alcuni tra i più selezionati artigiani del cibo. E’ il Borough Market dove facciamo una capatina per vedere come mangia la comunità gastrofanatica di Londra.

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E così quando entriamo nel Mug House, soffitti bassi e atmosfera da pub antico, abbiamo già all’attivo uno shopping tra i banchi del mercato dove ci siamo assicurati una pagnotta di segale di St. John Bakery, un Cheddar gallese dal “gioielliere” Neal’s Yard Diary e una lombata di vitello di The Ginger Pig (prendete nota per i vostri acquisti).

Frescura, botti di vino per decoro e muri spogli conferiscono un’aria da pub d’antan al luogo. Arriviamo al Mug House per vie traverse: volevamo testare un indirizzo che un commentatore appassionato di hamburger (Edoardo) ha avuto la cortesia di postare nella lista dei migliori hamburger di Londra. E’ il Cooperage, a due passi dal Borough Market, solo che i locali dell’hamburgeria sono stati sgombrati per lasciare spazio ai lavori della metropolitana e al posto dell’insegna troviamo due operai indiani a sorvegliare l’ingresso del cantiere. Una scritta ci informa che lo staff del Cooperage si è diviso e che una parte ha raggiunto quello del Mug House, in Tooley Street.

Siamo abbastanza affamati per cedere alle lusinghe del navigatore che certifica la vicinanza dai luoghi. In pochi minuti i nostri piedi sono sotto il tavolo del Mug House dove a farci accomodare è una cameriera dall’aria un po’ stralunata che alla seconda domanda sul locale ci consegna al manager. Che ci spiega, con apprezzabile sintesi e fare molto professionale, che il Mug House è uno dei 26 locali della catena londinese Davy’s fondata nel 1870, che qui si mangia cibo “homemade” e stagionale, che il menu è firmato da un head chef (Sean Davies) responsabile per l’intera catena anche del food cost, che lo affianca uno chef resident e che il menu è doppio: stagionale e à la carte.

Basta la parola catena e ci assale il dubbio di essere capitati dalla parte sbagliata… dello staff ma poi ci informano che la carne è di Donald Russell, fornitore ben noto all’alta ristorazione londinese oltreché di Buckingham Palace e da qualche anno, gigante della vendita online.

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Nella mini-graduatoria degli hamburger assaggiati nel nostro viaggio in Gran Bretagna non è al primo posto ma un riflesso del Cooperage deve essere arrivato anche qui, nella penombra del Mug House. La carne, saporita, ci viene servita con chips, supplemento di formaggio e salsa di pomodoro. Homemade, naturalmente, preparata con aceto, zucchero, peperoni rossi e gialli, carote e senape.

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Ce la caviamo con un conto da 30 sterline in due comprensivo di hamburger e bevande. Niente dessert perché è il Borough Market, nuovamente, la nostra destinazione. Dove ci attendono caffè e brownie di Monmouth, altro luogo di delizie sotto gli archi della ferrovia del London Bridge. La nostra giornata nel distretto gastrofanatico si conclude tra i fornelli di casa per un assaggio di carne, pane e formaggio a 5 stelle.

Mug House. 1-3 Tooley Street. SE1 2PF – Londra. Tel. +44 (0)207 403 8343

Una pizza che grida vendetta e il vostro limite tra stroncare e fare finta di niente

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sguardo perplesso

Cronaca di una pizza andata di traverso. Il locale è accorsato e ci ritorni per fare qualche foto dopo un assaggio e buone impressioni condivise.

Inizi male con il telefono della pizzeria sempre occupato. Le linee telefoniche. Invece, alla cassa-accoglienza la specifica: “Abbiamo staccato il telefono perché c’erano troppe ordinazioni”. Scusate, ma un disco per avvertire i poveri prenotandi che stasera non è aria?

Mancanza di rispetto che si traduce in un “ci vediamo tra un’oretta”. I 60 minuti non diventano più digeribili ricorrendo al vezzeggiativo, vorrei replicare alla bionda signora. Si gironzola per il paesello scartabellando titoli alla bancarella dei libri.

I 60 minutelli sono quasi trascorsi. Speranzosi ci riavviciniamo al tavolo cassa. C’è filetta. E caldo. Il piano terra del locale è stato adibito a sala accoglienza, spazio frigoriferi e area forno. L’andirivieni dal e per il piano superiore dove c’è la terrazza è frenetico.

orologio pizza

Un altro quarto d’orella va via tra conti e smistamento dei nuovi tavoli. Arriviamo anche noi: 4 posti ma nel dehors a piano strada. Ci precipitiamo come falchetti. Sono quasi le 22:30. La fame galoppa e con essa l’impazienza. Riscrivo mentalmente il significato di dehors come luogo sotto qualche ombrellone in balia dei passaggi tumultuosi di avventori e camerieri. Un dehors con soglia decibel molto alta. Inizio a provare invidia per i fortunati del piano superiore che dispongono di ombrelloni bianchi. Più belli.

boccale birra

È più forte di me: quando c’è qualcuno incavolato in sala che prende l’ordine al mio tavolo mi sento in forte imbarazzo. Io sono in vacanza e lui lavora. Un ragazzo giovane che riuscirà a dire 2 parole estorte con la forza. Ma per capire se c’è una birra: “Sì, due, chiara e rossa”. Dal menu ce ne erano altre 15, ma va bene così.

fritti napoletani frittatina di maccheroni

Vanno meno bene i fritti che arrivano per curiosità del tavolo. Non sono l’espressione della migliore verve napoletana, ma diventeranno l’ancora di salvezza della serata. Per le pizze ci sarà ancora da attendere: un’oretta (sic!).

Ovviamente lo scopriremo strada facendo, cioè man mano che il tempo inesorabilmente passa. E non c’è neanche il pane da sbocconcellare (logico, siamo in pizzeria). Placchiamo una fanciulla azzardando un “per caso avete smarrito la nostra comanda” e sperando che l’oblio sia causa del nostro stato di purgatorio.

Niente da fare. La compunta ragazza ci spiega che c’è affollamento in terrazza. “Scusi, ma quante persone ci sono in terrazza?”. “I tavoli su vanno dall’1 al 20, qui dal 21 al 26″. “Quindi, 60 persone?”. “Sì, ma se facciamo le tavolate anche 100″, aggiunge con fare a metà tra incoming e catering.

forno-Circolo-degli-Artisti

Intrattenere il tempo contando pizze invece di pecorelle. Saranno al massimo 100 persone tra su e giù, diciamo 3 giri di tavolo (con queste pause avranno iniziato alle 19?) e fanno 300 persone. 300 pizze con un solo forno che fanno 300 minutelli di cottura. 5 orette. Ma cuocendo una pizza per volta. Due pizze alla volta farebbero 2 ore e mezza, 3 insieme un’or(ett)a sola. Qual è il record per singolo forno all’ora?

pizza marinara pizza marinara tagliata pizza margherita pizza cornicione imbottito

Per fortuna arrivano le (prime) tre pizze: margherita, marinara, quella con il cornicione ripieno di ricotta. Manca la mia che è formato 40 cm di diametro con ragù e bufala. E’ questione di due attimini. Sufficienti a fare 3-4 scatti e guardare le facce dei commensali. Non particolarmente contente.

pizza ragu e bufala

La pizza mi sembra sottile, profuma, la mozzarella non ha allagato, cornicione un po’ croccantello. Ok diamo di morso. Ecco. Bruciata, irrimediabilmente bruciata. Come anche le altre. “Dramma” a ore 23:40. Ripongo la macchina fotografica, mentre si scatena la classifica delle certezze, delle rimostranze e dei tradimenti riassunte in “era meglio andare da…”

Peccato, penso, un indirizzo in meno da segnalare mentre la signora mi porge il conto, onesto. Che strano, agli altri ha chiesto come era andata. Sarà la delusione lampante stampata in faccia.

Niente da scrivere?, mi chiedono. Meglio di no. E poi non ho fotografato nemmeno una fetta bruciata. “Mi manca la testimonianza”, svicolo come se sulle guide apparissero foto a dimostrare l’assunto. O come se qualcuno potesse giurare sulla bontà di un piatto guardando solo una foto.

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“Guarda che la foto c’è”. Eccola, scattata con il telefonino.

Mi resta solo il dubbio se sia meglio fare finta di niente o scrivere una stroncatura. Voi che dite?

Compartir, la meta di settembre in Spagna da tre ex chef di El Bulli

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Mateu Casañas, Eduard Xatruch e Oriol Castro per 15 anni hanno lavorato insieme nel ristorante più famoso del mondo, El Bulli. Hanno coltivato insieme un progetto e lo hanno materializzato a Cadaqués, nella città antica: Compartir, condividere.

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A pochi chilometri dal confine francese, nell’acrocoro più a oriente della Spagna, la squadra dello sharing propone una cucina contemporanea. Dimenticatevi però del passato ingombrante, anzi non lo citate nemmeno, il Compartir è il presente. Una cucina giovane, fresca, dove la tecnica interviene poco e solo dove è strettamente necessario: alleggerire una salsa, ammorbidire una costilla, rinforzare un sapore.

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Il nome Compartir si svela quasi subito. Ordinate, condividete. I piatti arrivano uno alla volta e sono messi lì al centro del tavolo. Raccontano la storia di questo lembo di terra tra sardine, acciughe, bunuelos, arroces. Buoni, buonissimi. Le alici in un felice connubio con l’arancia, le costine di agnello tenere e succulente, il coniglio, il baccalà.

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E a chiudere, i dolci che non sono troppo dolci.

Non perdetevi questo ristorante se avete la Spagna e la Catalogna nel cuore. Per gli amanti dell’auto è un attimo caderci dentro appena varcati i Pirenei (uscite a Figueres e seguite le indicazioni per Rosas, poi Cadaques, Port Lligat). Oppure un aereo su Girona per approfittare di un weekend settembrino, il periodo migliore per sedersi a questa tavola (hanno anche la locanda con le camere per dormire).

Compartir. Riera Sant Vicenç s/n-17488 Cadaqués. Tel. +34 972 25 84 82

L’anima di Angelo Vassallo è a il Rosso e il Mare e lo sanno anche a Eataly Torino

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logo il rosso e il mare Acciaroli

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logo il rosso e il mare Acciaroli

Il Rosso è Antonio Vassallo, il mare è quello di Acciaroli. Un ristorante con un titolo che sa di Ernest Hemingway. Leggenda vuole che lo scrittore americano sia stato ispirato da un pescatore di Acciaroli, Antonio Masarone “il vecchio”, per il suo romanzo. Forse una parte del paese del Cilento è entrata nelle pagine del libro, ma di sicuro Hemingway è stato in quello che al tempo era un borgo di pescatori con una torre saracena diroccata e il mare che si infrangeva sotto le case allineate sulla roccia della scogliera.

Angelo Vassallo a il rosso e il mare

Non andavo al Rosso e il Mare da 3 anni. Ero uscito la mattina presto con il Santiago dei giorni nostri, Angelo Vassallo conosciuto da molti come il sindaco pescatore, dopo una di quelle serate di fine agosto che non sai mai come sarà il mare l’indomani. All’alba l’sms di appuntamento alla Lucciola. Si va per mare a cercare aragoste per il ristorante. E a scattare foto per le conversazioni di ‘uviecchiu, da cuba al cilento in programma tra Acciaroli e Pollica il 10|11|12 settembre 2010. Il passaggio per affermare che Acciaroli aveva accolto lo scrittore, all’albergo La Pineta che sfortunatamente ha visto andare distrutti i registri degli anni ’50 come ricordava una guida di itinerari romantici del giornale Grazia che 15 anni dopo riportava l’avvenimento per invitare i lettori a visitare il paesino casomai a bordo di una 124 spider rossa. E per dare nuovi spunti di conoscenza di quell’isola felice.

Le pietre del ristorante sono lì a ricordarmene la costruzione e l’idea che ha spinto un anonimo borgo a diventare punto di riferimento di un intero territorio. Il Rosso e il Mare non è un semplice ristorante, ma la visione di un modo di intendere concetti abusati. Come valorizzazione del territorio, appunto. Si snodano nella mia mente le conversazioni sul depuratore ad abundantiam, sull’isola ecologica, sulla municipalizzata che diventa “territorializzata”, sugli interessi del porto, sulla necessità della qualità, sulla tarsu, sull’esigenza del wi-fi aperto per servire diportisti e turisti, sulle chiavi dei b&b, sulla sostenibilità. Sulle baie da preservare anche per pescare ancora aragoste e alici. Senza santificazioni e con qualche compromesso per evitare l’impossibilità di godere dei posti.

olive-ammaccate-Agriturismo-Al-Sentiero-Pollica alici-di-menaica-nella-barca-di-Enzo-Amendola-ad-Acciaroli

Il ristorante, ai miei occhi, ne riassume tanti di concetti, pregi e difetti compresi. Offrire qualcosa che non c’era nel rispetto di quello che c’è. La formula magica di uno sviluppo durato 15 anni. Il ristorante del sindaco, sai le polemiche, fu il mio commento al progetto. Ce ne vorrebbero tanti, ognuno diverso, ad Acciaroli, Pollica, Pioppi, Galdo, Celso per promuovere tutti i prodotti e accontentare più persone possibile, la risposta. Una carrellata mi si aprì con la lasagna di mare di Pietro al Boccaccio, l’antipasto acciarolese della Bruschetteria oggi Mediterraneo, il polpo con patate delle Taverne, la pizza del Borgo, le alici di Claudio, le olive ammaccate di Gabriella Al Sentiero, l’acquasale di Vincenzo della Lampara e i mai dimenticati cannoli gelati dell’Iris, la parmigiana del Mister Marlin, la brace di Don Mimì.

Angelo Vassallo il rosso e il mare acciaroli a pesca con Angelo Vassallo

Impossibile sedersi a tavola nella sala durante una serata piovosa e non pensarci. Antonio, il figlio, è sempre gentile e con i modi tranquilli e operosi di molta gente del Sud. Io sto sulle spine. Qualche lampo illumina la terrazza laterale dove avevo cenato 3 anni addietro. Di fronte una foto in bianco e nero con la targhetta Angelo Vassallo. “È tua come l’altra”. Scattata in quella mattinata di mare e di pesca.

Cucina di mare, lo dichiara il nome e l’approvvigionamento assicurato da Claudio, lo zio e fratello di Angelo, che ha il suo ristorante sul rinnovato porto, banchina d’attracco per molti turisti e villeggianti che ora hanno a disposizione ampie aree pedonali. I piatti vogliono mettere insieme l’antico e il moderno come la sala che ha tratti eleganti con le nappe importanti e la musica in sottofondo. Un salotto per la buona borghesia che frequenta Pollica e negli anni ha iniettato linfa vitale in un comune che vuole mantenere lo smalto dei tempi migliori e si aggrappa alle certezze del mare pulito, della spiaggia lunghissima o medita sul futuro che guarda alle gru e alle nuove costruzioni. Equilibri delicati che non so perché mi fanno pensare al dopo Jobs alla Apple o al Gates  che rientra a Microsoft.

polpettine pesce frittelline il rosso e il mare acciaroli frittino zucchine calamaretti il rosso e il mare acciaroli

La rete che pesca alici e bottiglie del menu del ristorante pesca al nostro tavolo polpettine di pesce e frittelline con fiori di zucca, servite in una coppa, e un frittino di zucchine con calamaretti.

spaghetti con alici menaica il rosso e il mare acciaroli linguine tonno sott'olio il rosso e il mare acciaroli tonno-sott'olio-il-rosso-e-il-mare spaghetti vongole il rosso e il mare acciaroli

E poi le linguine al tonno sott’olio. Il tonno è quello preparato da mamma Angelina, ottimo per il riso all’insalata, e il cui vasetto 2010 è ancora nella mia dispensa. Mi piacciono di più gli spaghetti con le alici di menaica e sono più ordinari gli spaghetti con le vongole.

seppia patate il rosso e il mare acciaroli frittura calamari gamberi il rosso e il mare acciaroli melanzane imbottite il rosso e il mare acciaroli

Seppia e patate sono quel connubio di comfort food che ravvisi anche nella frittura di calamari e gamberi. Tradizionali e buone come ti aspetteresti sempre. Come le melanzane imbottite che sono singoli bocconi di grande piacere in Cilento e non hanno nulla da invidiare alla più conosciuta parmigiana.

cannoli cilentani il rosso e il mare acciaroli caprese il rosso e il mare acciaroli millefoglie scomposta il rosso e il mare acciaroli

Resto di tradizione con i cannoli cilentani che accompagnano da sempre ogni momento dolce nella loro configurazione “bianco – nero”. Nulla a che vedere con i siciliani di ricotta, ma quando sono eccellenti è difficile dimenticarli. C’è anche una più “internazionale” caprese, umida al punto giusto, e una moderna millefoglie scomposta egualmente piacevole.

Antonio Vassallo il rosso e il mare Acciaroli Angelo Vassallo porto Acciaroli 2010

Il Rosso e il Mare non è un ristorante qualsiasi, perciò andateci se le vostre rotte passano accanto a questi luoghi di mare e di vacanza. Proverete a comprendere cosa significa “interrompere” e “riprendere” guardando foto che si fronteggiano e alici di menaica che si materializzano. L’anima di Angelo Vassallo è tra queste mura e il suo nome lo porterà suo nipote, il figlio di Antonio che sta per nascere e a cui facciamo tanti auguri.

Di Angelo Vassallo e del Rosso e il Mare ne parlavo con Oscar Farinetti alla tavola della Torre One Fire a Massa Lubrense, in costiera sorrentina. Altro luogo di tradizione che ha messo insieme i sapori del sud e la voce di Monica Sarnelli per una serata di piacevolezza territoriale con lo sfondo di Capri.

Martedì 3 settembre a Eataly Torino si terrà una cena cilentana per ricordare Angelo Vassallo 3 anni dall’assassinio (era il 5 settembre) e una sua vittoria: il riconoscimento della Dieta Mediterranea come Patrimonio dell’Unesco. Un percorso di gusto cui parteciperà anche Antonio Vassallo, il figlio rosso di un’idea che ha illuminato un fino ad allora sconosciuto lembo di terra italiana.

Il Rosso e il Mare. Via Nicotera, 26. 84068. Acciaroli di Pollica (Salerno). Tel. +39 0974.904046

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