Nowhere, il ristorante che apre il 20 agosto nella riserva naturale di Häringe, a sud di Stoccolma, interpreta nel modo più romantico e rilassante, l’idea del distanziamento sociale.
A giudicare dalle decorazioni floreali puntellate di arbusti e fiori sfoggiate degli spazi all’aperto dei nostri ristoranti, il desiderio di cenare in mezzo alla natura è irrinunciabile di questi tempi. È così anche in Svezia. Vi abbiamo già parlato del “ristorante per uno” in mezzo al nulla di un bosco.
Nowhere: 6 tavoli per due circondati da una natura maestosa
Tuttavia, nessuno lo ha portato alle estreme conseguenze come Nowhere. Progetto concepito in tempi di pandemia da Oddbird, azienda vinicola svedese addirittura idealizzata dai supporter dei vini naturali. Perché ognuno dei 6 tavoli da due commensali, che si trovi all’estremità del placido molo allungato sulle sponde di un lago, o nel bel mezzo del bosco, oltre ad assicurare il rispetto delle norme di sicurezza, è circondato dalla quiete di una natura maestosa.
Già prima del Coronavirus l’idea della fuga, sia mentale che fisica, era ricorrente nei nostri pensieri. Poi la pandemia ci ha imposto lo stop. L’impossibilità di viaggiare ci sta facendo rivalutare spazi insoliti capaci di creare dentro di noi il giusto stato d’animo.
Cosa che i sei tavoli di Nowhere consentono più di ogni altro. Disseminati come sono in una grande riserva, con la garanzia del totale isolamento e un punto di osservazione privilegiato sulla natura circostante.
La cucina di Nowhere
Nella riserva naturale di Häringe, in un’area di foreste sterminate e verdissime, prati e zone costiere, gli ospiti posso sperimentare il menù di Nowhere. È organizzato o e gestito da Marion Ringborg e Linn Söderström di Garba, ristorante temporaneo a Stoccolma. Le due giovani chef sono vere agitatrici delle notti di Stoccolma. A loro si deve il lancio di alcune tra le più insolite e riuscite esperienze culinarie della capitale svedese. Va da sé che i vini serviti durante i pasti sono quelli bio di Oddbird.
Tutto questo ha portato a una conclusione piuttosto sorprendente in questi tempi complicati per i ristoranti. La corsa alle prenotazioni, aperte il 22 giugno scorso, con relativo tutto esaurito per alcuni mesi a venire. I 6 tavoli sono stati assegnati nel giro di pochi minuti come avveniva ai bei tempi (pre-COVID 19) del Noma di Copenhagen. Tuttavia, tentar non nuoce, vale la pena tenere d’occhio il sito Web.
Anche perché c’è il rischio che i fissati del cibo, impazienti di riprendere le loro scorribande pur nella scrupolosa osservanza delle regole anti-contagio, mettano l’esperienza al Nowhere, stravagante e sostenibile, al primo della loro lista dei desideri!
Milano non è più Milano, abbiamo scritto ieri commentando la chiusura di Saigon, ristorante etnico fino a pochi mesi fa molto frequentato. Ma nonostante le pesanti ferite inferte al capoluogo lombardo dalla pandemia di Covid-19, Milano reagisce e non mancano le nuove promettenti aperture. Anche di sicuro interesse per voi che seguite Scatti di Gusto affamati (è il caso di dirlo) di novità.
Tra le nuove aperture di Milano c’è la carne alla brace, vera tendenza degli ultimi mesi, e ci sono i cocktail bar. Immancabili poi le classiche pizze napoletane, ma c’è pure la “pinsa” romana.
A Porta Genova, negli spazi già occupati ai tempi dell’Expo dal Mercato Metropolitano, nasce un nuovo polo del divertimento, con spettacoli e food.
1. Nuove aperture a Milano: ripartire in blu col Turbo
“La visione di Turbo è semplice: uno spazio dove anticipare il futuro e dove migliorare le proprie esperienze. Una nuova linfa per uno sviluppo sostenibile. Turbo è l’epicentro di molti mondi diversi collegati tra loro dallo stesso cuore e dalla stessa ideologia. Turbo è un ristorante dove innovazione e tradizione si incontrano e scontrano; un mixology bar contemporaneo, un luogo di eventi dove poter partecipare a diversi workshop e mostre, dove imparare, condividere e migliorare.“
Così si presenta Turbo, nuovissimo spazio di quasi 600mq sul Naviglio, in via Andrea Ponti, interamente colorato di blu. La sua mission si divide in tre: Spirits, Kitchen, Events.
Per la cucina, la base è la cucina tradizionale italiana: “rispettare la tradizione e il gusto del classico italiano proiettandolo in un futuro prossimo“.
Qualità e freschezza degli ingredienti, tecniche di cucina moderne e innovative, e un’attenzione particolare a Pizza Classica, Deep Pan Pizza e Focaccia Gourmet. Ciascuna è realizzata con un impasto diverso, con un livello di idratazione specifico e una diversa lievitazione. Vengono cotte tutte in un forno elettrico.
Per la parte Spirits, il percorso è ancora una volta classico, con un accento sul lato emotivo ed esperienziale, veicolato anche dal blu degli spazi. Bar manager, oltre che socio fondatore, è MaximilianoRuiz.
“Sono principalmente tre gli stati d’animo che hanno ispirato la drink list: elogio dell’effimero (con i i cocktail che Turbo ha creato per celebrare l’effimero e le radici che ha generato, a Milano), esperienza emozionale (una selezione di cocktail pensata per innescare proprio quelle reazioni chimiche in grado di suscitare sensazioni, emozioni e stati d’animo) e comprensione dell’etica (cocktail che rappresentano uno sforzo per migliorare il nostro futuro).“
C’è anche uno spazio eventi e mostre, con tanto di cucina professionale per eventi privati.
A rendere Turbo una delle più promettenti nuove aperture di Milano c’è anche la scelta di utilizzare energia pulita, proveniente da fonti rinnovabili a impatto zero, materiali organici che assicurano quasi completamente la riduzione dell’impiego della plastica, e fornitori locali.
2. La Forgiatura Bistró, tra le nuove aperture più interessanti di Milano, per pinsa e carni alla brace
Si chiama La Forgiatura Bistró, e si trova all’interno di un complesso industriale e artigianale di recente riqualificazione in via Varesina, zona Certosa, nord-ovest di Milano.
L’ex-forgiatura è diventata un campus aziendale all’avanguardia, immerso nel verde, con 30.000 metri quadri di spazi lavorativi. E al suo interno il Bistró, dedicato al pranzo aziendale come alle cene serali. In menu, fra l’altro, una pinsa rigorosamente lievitata 72 ore, e piatti di carne al forno o alla brace.
Una proposta di qualità, fortemente voluta dai titolari. Davide Pavesi porta ne La Forgiatura Bistró 16 anni di esperienza nel mondo dell’alta cucina, mentre il percorso di Roberto Leprotti comprende un ristorante stellato, anni nel mondo dell’enologia e una costante attenzione alla qualità della materia prima. Alle loro si aggiungono le competenze imprenditoriali di Tino Zocco.
“Abbiamo scelto di rispondere con fiducia a questo momento complesso: sapevamo di avere gli spazi e soprattutto le competenze necessarie per offrire una proposta serale di alta qualità. Quella che abbiamo intrapreso non è soltanto una strada alternativa all’attività diurna, ma un nuovo percorso che le si affiancherà.”
L’ex-Scalo Ferroviario di Porta Genova ospita, dal 15 luglio, Ride Milano, un’altra tra le più coinvolgenti nuove aperture di Milano. Un hub culturale che ospita arte, cinema, teatro, poetry slam, attività per famiglie ma anche ristoranti pop-up, cocktail bar, concerti, dj set, marketplace, gaming e molto altro.
L’area è la stessa del Mercato Metropolitano, inaugurato ai tempi dell’Expo2015 ma chiuso qualche tempo dopo.
Sul sito vengono elencati tutti gli eventi spettacoli incontri che si terranno a Ride Milano fino alla chiusura, prevista per METà ottobre. Per quanto riguarda la parte gastronomica, ci saranno dei pop-up di alcuni ristoranti della zona Navigli-Tortona, come Mieru Mieru con la sua cucina salentina a base di pesce, Maido con l’Okonomiyaki e altre specialità di street food, e Madre con i suoi burrito, anche in versione veg.
Per la parte bevande, ci sono il RAL Cocktail Bar e le birrerie pop-up di Birra Peroni, sponsor di Ride Milano con l’Irish Whiskey Jameson. Fra l’altro, Jameson porta avanti già da un anno un progetto di “rigenerazione urbana” di Milano che passa anche attraverso i locali di quartiere. Con il progetto “Jameson Il Wiskey del quartiere” per ogni drink Jameson acquistato a Ride una quota sarà devoluta per la realizzazione di un intervento di miglioramento del quartiere.
“È una grande emozione poter riportare alla vita questo spazio nel cuore di Milano, un luogo in cui ciascuno potrà vivere appieno le sue passioni: la musica, il teatro, il gioco, lo shopping, il cibo il tempo libero trascorso in compagnia dei propri cari. Abbiamo lavorato duramente per individuare un’offerta che potesse essere quanto più trasversale possibile e continueremo a farlo con uno sguardo sempre orientato a nuovi spunti e sinergie. Desideriamo che Ride Milano sia per tutti un’occasione di ripartenza in sicurezza”: così Paco Salvini, una delle menti ideatrici di Ride insieme ad Alberto Cossu e Daniele Marchetti.
Cambio di insegne: al Rebelot, locale aperto da Maida Mercuri del Pont de Ferr a fianco del suo locale “storico”, è subentrato Chunk. Ancora un cocktail bar, ma con cucina smoke-based.
“Tutti i nostri drink sono affiancati a una cucina smoke-based composta da carni sapientemente affumicate con materie prime di estrema qualità. I nostri barman passano molto tempo al banco per preparare i tanti ingredienti che andranno poi a miscelare con le bottiglie della nostra selezione, per una drink list fatta di classici della storia moderna e creazioni inedite.
Affumichiamo tutti i giorni le carni selezionate dalla Macelleria Masseroni, lentamente, con passione. Il nostro BBQ è ecosostenibile: utilizziamo l’aroma e la potenza del carbone Quebracho Blanco, preparato col metodo classico in Paraguay. Il fumo arriva invece da legna biologica pregiata, di ciliegio, hickory e cedro, proveniente dalla Sicilia e dalle foreste al nord degli Stati Uniti.
Dalla passione per il vino buono, spesso atipico, che racconti chi lo fa e la sua terra, nasce la selezione delle 200 etichette italiane e francesi. Non ci piace ciò che piace a tutti, non ci piacciono i solfiti.
Spilliamo e stappiamo le birre del Birrificio Montegioco, vicino Tortona. Sono artigianali, buonissime, a volte insolite e con delle splendide etichette.“
Alberto Masseroni, uno dei punti di riferimento dell’alta macelleria cittadine, oltre che rifornire Chunk di carni, è uno dei soci del locale. Con lui, riferisce Allan Bay, Stefano Rollo, al barbecue e in sala, Francesco Passalacqua in cucina e Sergio Spagnolo ai vini.
5. Rossopomodoro porta “Come un giorno a Napoli” all’Isola
Un nuovo Rossopomodoro a Milano, in zona Isola, poche settimane dopo l’apertura di un altro Rossopomodoro sui Navigli: così la fortunata catena di pizzerie si presenta all’appello del dopo-lockdown.
Il nuovo locale (aperto al posto del BeerGarden) si presenta con il branding “Come un giorno a Napoli”, già adottato da 19 pizzerie sulle oltre 100 del gruppo. Ovvero, con un accento ancora più marcato sulla napoletanità in cucina oltre che in pizzeria.
Alle pizze, il Maestro pizzaiolo napoletano Salvatore De Crescenzo, Campione Mondiale della “Gran Coppa Rossopomodoro” 2018. La pizza sarà la tradizionale pizza napoletana di Rossopomodoro, con impasto a lunga lievitazione, impasti con farina 00, ma anche integrale, con tante varianti di farciture. Ma ci sono anche pizze vegane e pizze con mozzarella delattosata.
La cucina, come sempre sotto la supervisione di Antonio Sorrentino, propone piatti di stagione, dalla fresella di grano duro spugnata con acqua di mare, con pomodoro, tonno, papaccella napoletana e acciughe di Cetara, alla pasta (con pomodorini e basilico e “alla Nerano”), alle fritture napoletane, di mare e di terra.
“Crediamo nei sogni,” dice Roberto Colombo, AD lombardo del gruppo napoletano. “Aprire un nuovo Rossopomodoro nel quartiere di Isola è solo l’ultimo sogno che diventa realtà. Oggi segniamo un’altra tappa importante del percorso di Rossopomodoro a Milano, iniziato nel 1999 con l’apertura del primo Rossopomodoro a Largo La Foppa. Continueremo a portare la nostra pizza, la nostra cucina e soprattutto la nostra passione in giro per l’Italia e per il Mondo, senza smettere di pensare al futuro.”
Sì, tutti al mare e, come ci capita spesso, stiamo parlando di ristoranti. Siamo stati facili profeti anticipando la tendenza della stagione estiva 2020 con i ristoranti che si trasferiscono sulle spiagge.
Ristoranti: tutti al mare
Aggiungiamo alla lista cinque nuove aperture che portano chef degni della massima attenzione sulle coste di Toscana, Sardegna e Sicilia.
1. Il Lux Lucis di Valentino Cassanelli sul mare di Forte dei Marmi
Ristoranti portati sul mare. Valentino Cassanelli porta in spiaggia, a Forte dei Marmi, ma solo per due sere alla settimana, venerdì e sabato, il suo ristorante Lux Lucis, stella Michelin dal 2017.
Cassanelli ci ha raccontato le linee-guida della riapertura del Lux Lucis qui.
Siamo sempre al Principe Forte dei Marmi, il boutique hotel sede del Lux Lucis. Per l’estate 2020, Cassanelli propone il pop-up “Lux Lucis Al Mare”, anzi, addirittura sulla spiaggia, nel Dalmazia Beach Club, appena riaperto. Lo chef verrà ospitato nel ristorante Dalmazia, di recente e profonda ristrutturazione, che può contare su tre verande e tavoli ovunque, sulla spiaggia, all’ombra del pergolato o all’interno.
Il menu si chiama Es-Temporaneo, ed è basato soprattutto su piatti di mare, che esaltano la tradizione e il sapore della Versilia. Due soluzioni: 7 portate (€95) o 9 portate (€120), con il rispettivo accompagnamento vino (€35 e €50).
“Il pesce creativamente parlando”: è questo il motto di Fishing Lab, che ha aperto un nuovo locale a Pietrasanta. Il terzo dopo Montecatini Terme e Firenze.
Il ristorante si trova in piazza della Repubblica, nella Corte Bonci, negli spazi già occupati da un’officina. Un grande cortile ospita il dehors.
La cucina, di mare, si basa su una formula originale del consumo non convenzionale del pesce crudo o cotto.
“Gli ospiti sono liberi di comporre il proprio menu tra il crudo disponibile al pezzo, una mezza porzione di Street Fish, il sushi o la cucina tradizionale, di scegliere fantasiose combinazioni, di sedere al tavolo o di stare in piedi.“
Fishing Lab fa capo al Gruppo Bizionaire, ovvero a Pierluigi Bizzarri, autore seriale di format della ristorazione. Oltre a Fishing Lab, ci sono Foody Farm, Steak Home, Pesce Fatto a Mano, Daily Bed e Gelatai Toscani.
Bizzarri per il post-Covid ha pensato a un coperto sottovuoto, con un menu usa e getta, tovaglietta, tovagliolo e posate. Il tutto sanificato, pastorizzato e confezionato in plastica riciclabile.
3. Ristoranti al mare: Pop It Up di Gennaro Esposito a Porto Cervo
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A proposito di ristoranti portati sul mare. Arriverà soltanto alla fine di luglio, il 29 per l’esattezza, il ristorante pop-up di GennaroEsposito a Porto Cervo.
Si chiamerà Pop It Up (bel nome), e sarà appunto un’emanazione vacanziera del milanese It. Aperto in Brera l’anno scorso, ha già ottenuto la sua prima stella Michelin – vi abbiamo raccontato la sua cucina qui.
Pop It Up. Promenade du Port. Via Aga Khan, 1. Porto Cervo. Tel. +39 07891650000.
4. Finger’s di Roberto Okabe sul mare di Porto Cervo
La cucina giapponese creativa di Roberto Okabe fa le valigie, lascia Milano e come ogni anno va al mare, in Sardegna, a Porto Cervo. Sempre sul tema dei ristoranti portati al mare, Finger’s Garden trascorrerà l’estate, per l’undicesimo anno, su una terrazza affacciata sulle acque trasparenti della Costa Smeralda.
La proposta gastronomica, disponibile anche in modalità consegna a domicilio (che in questo caso potrebbe anche essere una barca), vede come novità l’ingresso in carta dei cocktail.
La drink list prevede cocktail che celebrano la doppia anima, nippo-brasiliana, del Finger’s, come i “twist on classic” a base Sake come il Caipisake Maracuja e il Mojito Sake. Che accompagnano perfettamente i classici di Okabe, dalle Tartare Finger’s ai Sashimi, dai Carpacci Okabe alle Tempura, a rolls, maki, uramaki, gunkan e nigiri.
5. Marzapane si sposta da Roma ad Oceanomare ad Agrigento
Mario Sansone ritorna alle origini, e apre un pop-up del suo Marzapane romano ad Agrigento, sulla spiaggia di San Leone. In pratica apriamo il capitolo dei ristoranti romani portati al mare. La location è quella di Oceanomare, il ristorante aperto 25 anni fa da Giancarlo Prosperi e Peppe Vita.
La zona si prospetta come una vera meta gourmet per l’estate 2020: oltre a Marzapane, hanno aperto qui vicino anche Giancarlo Perbellini, a Bovo Marina, e Pino Cuttaia a Licata.
Ampi spazi, e un menu più semplice: “In una transizione così difficile per il turismo e per la ristorazione,” spiega Sansone, “abbiamo deciso di fare noi un passo verso i nostri clienti, avvicinandoci a loro nei luoghi in cui le regole del distanziamento si potranno applicare senza sacrificare l’esperienza primaria che ogni ristorante deve pur continuare ad offrire: ritrovarsi vicini attorno alla condivisione di cibo e cultura”.
L’executive chef di Marzapane, Francesco Capuzzo Dolcetta, ha portato con sé la brace, che ha caratterizzato la sua cucina negli ultimi tempi. Il menu va nella direzione dei ristoranti di mare: Grigliata di pesce del mercato, Cartoccio all’acqua pazza di pesce alla brace, Polpo Rosticciato. Oltre a classici come le Linguine coi Ricci, la Zuppa di Pesce di Scoglio e altre reinterpretazioni della cucina siciliana.
Giancarlo Perbellini ha aperto la Locanda Perbellini al Mare in Sicilia, allineandosi alla tendenza (o forse anticipandola) dell’estate 2020. Chef famosi, località balneari, grandi spazi all’aperto.
Siamo a Bovo Marina in provincia di Agrigento, amena località di mare a 10 minuti dalla Riserva Naturale di Torre Salsa e 20 dalla Valle dei Templi.
Una mezzaluna di spiaggia circondata dalla pineta si apre verso il Mediterraneo. La brezza modella le dune naturali disegnando un paesaggio sempre diverso.
A giudicare dal fascino selvaggio del posto è facile intuire perché lo chef, 2 stelle Michelin a Verona con Casa Perbellini, abbia deciso di approdare proprio qui. Poco distante ci sono anche le due bellissime spiagge di Menfi, bandiere blu 2020.
La cucina a vista trova spazio sulle tavole di legno del complesso Luna Minoica Apartments & Suites. Il resort a pochi metri dall’acqua è gestito da Costanza Trevisan, produttrice di vino con l’etichetta Luna Sicana.
Sono vini biologici che nascono nella Valle del Platani, una porzione di territorio quasi inesplorato in senso enologico.
La brigata assemblata per l’avventura estiva si compone di 6 persone in cucina e 4 in sala, compreso il sommelier Stefano Zandarin da più di 8 anni al fianco del bistellato.
Il menù ruota intorno a 6 antipasti e 10 preparazioni tra primi e secondi. Più snello a pranzo, non manca di alcuni piatti vegan, mentre il pesce del Mediterraneo è il filo conduttore della proposta.
Come si mangia alla Locanda Perbellini al Mare
Pomodoro, liquirizia e limone (10 €) è una fresca entrée: piatto estivo dal sapore persistente per la lunga scia che lascia la liquirizia.
Alla carta o nel percorso degustazione ecco l’insalata di gamberi e tagliolini croccanti, soia e peperoni (13 €), che cerca ispirazione esotiche a Oriente.
Sarde gratinate, caponata e caramello al Marsala (12 €) è un’idea di Sicilia alleggerita negli ingredienti e nella preparazione che Perbellini ha avuto per la Locanda al mare. Ha funzionato, tanto da spingere Perbellini a esportare la pietanza al Pop Up, il temporary restaurant aperto nell’attesa del ritorno autunnale a Casa Perbellini.
Lo chef sta ancora aggiornando il menù e altre novità sono in arrivo.
“Entrano adesso dei piatti nuovi” – ci anticipa Perbellini al telefono con voce entusiasta al solo pensiero di quell’angolo di mondo giù in Sicilia – “arrivano una tartare e due carni, una calamarata con i fagioli cannellini e la bottarga, un raviolo di pappa al pomodoro e melanzane. Tutti piatti semplici e centrati sulla stagione e sul contesto di mare, libero e disimpegnato. Lì il tempo scorre con un’altra velocità, mi fa sempre uno strano effetto: si lavora tantissimo ma la stanchezza non si avverte e mi sembra di tornare ai miei 30 anni”.
La cucina siciliana piace allo chef scaligero, in particolare un piatto di strada che farebbe carte false per mangiare ogni volta che può:
“Un piatto siciliano che mi ha emozionato sono le panelle. Ho provato a rifarle e non sono venute come quelle di Giacomo Vella, lo chef che guida insieme Nicolò Agostini la cucina della Locanda al mare. Non vedo l’ora di tornare e riassaggiarle: è un piatto semplice ma di quelli che non si dimenticano”.
I primi piatti della Locanda Perbellini al Mare
In riva al mare non può mancare lo Spaghetto, aglio, olio peperoncino e vongole (14 €). La versione di Perbellini è tiepida e di consistenza quasi cremosa. “Lo spaghetto viene tirato su dall’acqua e montato con olio evo, poi mantecato e condito con le vongole e la maionese fatta con il prezzemolo appena scottato in acqua e olio di vinaccioli, per mantenere un gusto neutro e far prevalere la vongola”, spiega lo chef.
Preso pari pari dalla tradizione isolana il Cous cous alla trapanese (22 €), che non è facile preparare meglio della concorrenza da queste parti, è ben riuscito. La sgranatura del cous cous rimane percettibile, pesci e crostacei infondono sapidità al fumetto.
Secondo e dolci
Il mare è leit motiv della tavola di Perbellini. il suo “sgruscio”, citando Camilleri, e il suo sapore si ritrovano nel Polpo fritto, tenerumi al fumo (18,50 €). Altro piatto che unisce mediterraneo e oriente: “La suggestione proviene da un’esperienza vera, l’ho mangiato in un ristorante coreano e sono rimasto così colpito che ho voluto rifarlo. Però l’ho immaginato fritto con il tenerume, le foglie della zucchina, un ingrediente molto diffuso in Sicilia che ho rivisitato con una nota fumé. Il polpo viene cotto in acqua e poi ricotto a 62° C e infine fritto a 190°C in una farina di riso, mantenendo la sua vena asiatica”.
In Sicilia terminare la cena con una cassata è d’obbligo, oltre che un piacere. In estate è meglio se viene riletta in chiave contemporanea e leggera. Come quella di Perbellini che nella sua Cassata moderna (7 €) adagia una spuma morbida di ricotta su una sponge cake al pistacchio.
Più nordica la chiusura di fine pasto con Panna cotta croccante, frutta secca e frutti di bosco (7 €).
La Sicilia secondo Giancarlo Perbellini
“Ci sono tanti posti belli in Sicilia”, conclude lo chef dopo una telefonata fiume e senza filtri. “E ne scoprirò ancora tanti, ma tra tutte le esperienze fatte ricordo come fosse ieri quella di 12 anni fa a Licata. Quando sono arrivato mi sono fatto delle domande e alle quali ho potuto rispondere solo dopo il terzo piatto preparato da Pino Cuttaia. Ricordo ancora chiaramente quel gambero con il mandarino, il merluzzo affumicato e ho capito subito la grandezza e il talento dello chef. Pino Cuttaia per me è la Sicilia: dove si riesce a tirare fuori da un contesto complicato qualcosa di straordinario”.
Manduria, in Puglia, molti la conoscono per il Primitivo.
Ma voi dovete prendere nota di un indirizzo in questa parte di Salento: Vinilia Wine Resort. E non solo per il il wine dei vigneti che si stendono ai lati del castello e delle 18 camere affacciate sulla piscina.
Quanto per il ristorante Casamatta, fresco di acquisizione di stella Michelin.
Il riconoscimento guadagnato dallo chef Pietro Penna che ne guida la cucina.
Con un giusto mix tra le radici di un territorio e la voglia di guardare al futuro e all’innovazione dei piatti.
Vi faccio subito l’esempio della Collezione di pomo d’Oro con avocado, gambero bianco, stracciatella e vaniglia che trovate nella carta del Casamatta (18 €). E che ha già conosce variazioni come quella con rapa, cacioricotta di capra garganica e merluzzo. Presentata in anteprima in una jam session con Angelo Sabatelli, altro nume tutelare e stellato della cucina della Regione.
il focus resta sul pomodoro e l’emozione è l’accostamento mare-terra in nome della Puglia.
Pietro Penna è in un continuo e inarrestabile work in progress.
Gli chiedi i piatti più amati del Casamatta e potrebbe sciorinarteli pescando dalla dispensa. Ma la possibilità che ne troviate di nuovi mettetela in conto.
Spaghetti con crema di sponsale e seppia. Vitello cotto nel burro chiarificato servito con limone patè d’olive e chips farcita. Reinterpretazione della tradizionale braciola: cilindro di manzo, capocollo, pecorino e prezzemolo scottato, impreziosito con pomodori confit e avvolto in rete di maiale, servito con frigitello farcito fave e lampone. Rombo, fichi, cipolla e capocollo.
E il dessert dedicato alla figlia, l’elegantissimo e golosissimo “A Nicole…”: cioccolato, nocciola e frutti rossi.
I menu e i prezzi del Casamatta di Manduria
Vi racconto il mio percorso, ricordandovi che il menu degustazione Penna 2020 da 5 portate viene via a 70 €, un ottimo rapporto qualità – prezzo per un ristorante stellato.
C’è anche il concorrenziale Tuffo nell’orto vegetariano a 60 €.
E se volete pescare nella dispensa, affidatevi alle 7 portate scelte da Pietro Penna nel menu degustazione a mano libera che costa 95 €.
Le entrée sono realizzate in base alla spesa giornaliera dello chef: in foto vi racconto polpettina di maialino, pomodoro e senape da sinistra, cannolo caviale di melanzana, oliva all’olio in cristallo e sul ciottolo un wafer di parmigiano con salmone. Da abbinare alle interessanti bollicine o a un fiano dello Jonio Trullo di pezza.
Ancora pomodoro con l’amouse bouche della pappa al pomodoro contenuta nel velo di seppia.
La cialda di riso, gambero, maionese e prezzemolo ora è in nuova versione con ricciola e maionese alla nocciola.
In tavola vi arriveranno la selezione di pane con lievito madre, focaccia alle olive e pomodoro e ciabatta con grano Senatore Cappelli.
Il baccalà cotto in olio cottura su crema di zucchine in carpione e polvere di grano saraceno è l’ultimo assaggio di stagione. Tanto buono da sperare in un reinserimento anche se Pietro Penna assicura che potrebbe capitare nel menu degustazione a mano libera.
Concentratevi su un classico della casa sempre presente in carta. Rinasci Italia … spaghetti !!! è un primo che parla italiano presentato per stupire senza sconvolgere.
Spaghetti mantecati con aglio, olio e peperoncino addizionati con polvere di pomodoro, crema di stracciatella e una passata di basilico. Schietto come il tricolore.
Questo non si cambia. Almeno per ora.
La faraona con il tartufo nel Penna 2020 ha lasciato il posto a Vitello, patate, olive e limone. Poco male. Saprà soddisfarvi.
Coccole finali in un tripudio di dolcezza, in versione fredda e calda, per conquistare tutti: albicocca marinata con vino bianco e mandorla, gelso con fiori di timo, michetta con ciliegie crema pasticcera e cacao (variazione con ganache al cioccolato e albicocca), macaron al cioccolato e tartufo al Calvados. Li vedete nella foto in apertura.
E non dimenticate che al Casamatta, o meglio al Vinilia, si dorme in un vero castello.
Rimini, l’albergo delle vacanze estive, la cena triste a pensione completa. Quante volte sarà passato sugli schermi lo stereotipo ferragostano?
Ve lo smonto con GB, il ristorante sul mare dell’Hotel Baldinini a Torre Pedrera, a pochi passi dal centro di Rimini.
Con il soggiorno presso l’albergo ho provato e riprovato il ristorante più volte e sono – siamo – rimasti sempre soddisfatti.
Posizione privilegiata, pesce freschissimo, ben cucinato, servizio professionale ma affettuoso. Una garanzia per trascorrere una bella serata d’estate.
La cucina è a vista e si segue lo chef Luca Giorgetti che guida la sua squadra, sotto l’occhio attento del giovane proprietario, anche lui Luca.
La sala esterna ha una parte in terrazza e una parte con i tavoli sistemati direttamente sulla spiaggia.
Il menu, con QR code come impone la normativa, è quasi tutto a base di pesce a testimonianza che lo sanno lavorare in molti modi.
Come si mangia al GB di Rimini
Non fatevi mancare il Gran piatto di Crudità di mare (33 €), freschezza della materia prima eccellente ad un prezzo giusto per qualità e quantità.
Abbiamo più volte provato acciughe del Cantabrico, con burrata fresca e salsa ai pomodorini e basilico (16 €), un classico (per noi, perché ci piacciono tantissimo), impreziosito da un’intera burrata e una saporita salsa al pomodoro.
Il piatto cavallo di battaglia del locale è il calamaretto alla piastra su letto di spinaci e zucchine fritte in ristretto balsamico (16 €). Da provare, gustosissimo.
Ottima (scottata alla perfezione) anche la tagliata di tonno pinna gialla con salsa tzatziki.
Le porzioni sono generose, pur mantenendo impiattamenti degni di un ristorante di buon livello.
I dessert sono numerosi, uno più buono dell’altro e curati nell’estetica.
Da riprovare 100 volte il “vietato fumare”, una crème brulée profumata al tabacco in infusione a parte, con sigaro croccante ripieno di mousse al cioccolato e bicchierino di rhum Zacapa (10 €).
Meritano anche l’occhio al mango – crema di latte alla vaniglia e sfera di mango con salsa ai frutti di bosco (8 €) – e la ball di cioccolato fondente, con cremoso di pistacchio, granella e fragole fresche (7 €).
La carta dei vini è ampia e vi segnalo il Franciacorta Saten – Ricci Curbastro (28 €), consigliato dalla sala.
Conto sui 50 €, bere a parte. E la certezza che potete inserire l’indirizzo in rubrica alla voce cucina di pesce a Rimini.
Il Cilento più verde dei paesi della collina. E il blu del mare che si allunga insieme allo sfioro della piscina affacciata sugli olivi e la macchia mediterranea.
Si sta bene, benissimo, da Franca Feola conduttrice inarrestabile della Locanda Le Tre Sorelle a Casal Velino. Un luogo del cuore, dell’anima e anche della pancia.
Una rapida erta vi conduce dal caos costiero della marina di Casal Velino, oggi sequenziale infilata di villette e parchi residenziali munita di porto turistico, alle ultime propaggini dell’acrocoro che si tuffa in un mare giustamente celebrato.
Alle Tre Sorelle troverete l’ospitalità per soggiornare e una tavola tra le più preziose del Cilento.
Un giusto mix tra la collina e il mare fusi nei piatti accurati che Franca Feola propone.
Una carta agile e succulenta che non si disperde in rivoli incessanti di variazioni. Quattro antipasti crudi, tre cotti, tre primi con le paste secche e altrettanti con le paste fresche rigorosamente tirate a mano in casa, tre secondi e i fritti con la chiusura affidata a sorbetti e a dolci di ottima fattura.
Un eden che solletica la voglia di scoprire e non ammorba con lungaggini. La vostra e nostra indecisione è per la sensazione di mancare il piatto migliore. Non c’è da scartare, ma da cogliere.
Siamo in quattro a tavola e la curiosità si mischia a quelli che consideriamo imperdibili mentre in tavola arriva una palamita con dadolata vegetale. E i pani e i grissini freschi.
Cucina di mare che Franca Feola addomestica come sa fare da lungo tempo.
Per gli antipasti siamo tutti sui crudi.
Come si mangia alla Locanda Le Tre Sorelle
Il ceviche nostrano ci colpisce in due ed è subito grande materia prima e freschezza. Il confronto con il fermentatore del Noma spiega bene le differenze nell’uso delle spezie. Più diretto quello di Franca Feola, più ragionato quello di Antonio Iacoviello. Ma che gran piatto. Come sospettavo, la ricciola è il pesce nostrano più adatto per questo piatto “di importazione” e l’abbinamento con gambero rosso, polpo e tonno è da sballo.
Buonissimo anche il carpaccio di gamberi rossi reso titillante dal peperoncino verde, dalla salsa agrodolce e dalle zeste di limone. Una grande materia prima e un’ottima capacità di equilibrio.
Dall’altro lato del tavolo, disco verde per il carpaccio di pezzogna servito sul pane in cassetta tostato.
Sui primi la scelta vede l’assaggio del fuori carta della serata, tagliolini con uova di merluzzo e limone, giudicato più che centrato.
Perfetto il mix mare – monti delle tagliatelle di farro con datterino giallo, alici di menaica, spolverata di cacioricotta cilentana e finocchietto selvatico. Gran bel vigore.
Piatto sostanzioso, gli ziti spezzati con genovese di mare con la ventresca di alalunga metterebbero a zittire gli appetiti più robusti. E una nota di merito va scritta per le porzioni dosate ma non sparagnine.
Più convenzionale la pasta mista con patate e gamberi che non spicca il volo ma resta un’ottima pasta e patate anche di bella coreografria.
Ancora un piatto preparato per la serata a certificare la bontà della materia prima e la capacità di rispettarla con un classico delle tavole di mare: la zuppa di pesce è da manuale.
Ci rinfreschiamo con un sorbetto alla mela verde e basilico che trasformiamo da predessert a dessert con il consenso degli attenti uomini e donne di sala.
Molto buona la spuma di bufala, dulche de leche, gelato al caffè, crumble al caramello salato, cialda di cioccolato fondente.
Buono il gelato al caffè e strepitosi i mini cannoli cilentani gialli/neri di crema e cioccolato.
A bagnare la cena, il beverino Matta di Case Bianche che è un eccellente tutto pasto pronto ad assecondare i picchi più estremi del piccante senza cedere terreno nella personalità del sorso.
Ristorante ma anche locanda per le vacanze
Dall’ultimo assaggio, Franca Feola ha alzato ancora l’asticella e in un momento di preoccupazione (anche familiare per le figlie di stanza a Milano) va dato merito alla determinazione della cuoca.
I risultati si vedono perché Le Tre Sorelle è sempre affollato e registra una crescita rispetto all’anno scorso nonostante la completa assenza dei turisti del nord Europa. Una bella soddisfazione e un ottimo incoraggiamento per il lavoro svolto anche in sala.
Il consiglio a questo punto può essere solo uno.
Andate a riposarvi nel silenzio di un luogo che è sicuro punto di riferimento per quanti amano la natura del Cilento, ancora incontaminata in tante parti del territorio.
Anzi due: approfittate della cucina di Franca Feola, sacerdotessa del buon vivere e dell’ottimo mangiare cilentano.
Si possono mangiare i piatti tipici della cucina del Friuli Venezia Giulia a Milano? Una breve ricerca su Google, ed ecco l’Osteria della Stazione l’Originale. Non si trovano molti altri rappresentanti di questa cucina in città, a dire il vero. Sauris & Borc Da Bria, “Hosteria con cucina di ispirazione friulana”, poi l’Ostarie Vecjo Friul, e giusto un paio di altri nomi di locali che però risultano chiusi. Ricordo anche MOT – Maiale Oca Trota (ahimé chiuso: al suo posto, la Locanda Perbellini), una cucina ispirata genericamente al Nord-Est, meno “tradizionale”.
“Ristorazione Friulana per Lombardi e no, con Cucina milanese anche per Friulani”, lo slogan che accompagna dal 1997 l’Osteria della Stazione. Potevo non andarci? Rassicurato anche dall’amica Fabiana Romanutti, direttore della rivista QBquantobasta, che mi ha parlato di Gunnar Cautero, l’Oste, udinese, come del miglior ambasciatore dell’anima e dei prodotti furlàn. Una specie di “consolato” del Friuli in città.
Siamo in zona Stazione Centrale, in via Popoli Uniti, una delle vie che fiancheggiano i binari in uscita da Milano, appena prima che si dipartano verso il mondo.
Bel locale, grande – una settantina di posti su due sale, diventati circa 40 con i dovuti distanziamenti post-pandemia. Una piacevole aria rétro, che lo colloca in una dimensione senza tempo – i mobili di legno, fatti da un artigiano, l’affresco-logo su una parete, quadri e specchi. Tracce del passato sportivo di Gunnar Cautero. E le tovagliette sul tavolo recitano Baudelaire – “Ubriacatevi!”. Un punto in più.
Cucina friulana, prodotti friulani, piatti friulani, vini friulani. Che, una volta assaggiati, ti fanno domandare perché i ristoranti friulani a Milano siano così pochi.
Il menu e i prezzi
Il menu è scritto su una grande lavagna all’ingresso – misura anti-contaminazione, precisa Gunnar, che gli permette di raccontarti e di assisterti in questi territori inesplorati. C’è anche un menu cartaceo, dove trovo le “firme” della cucina: Antonio Camporeale e Fabio Sicuro, featuring Mauro Spollon. Lo anticipo: bravi, sia loro in cucina, che Gunnar dappertutto.
Si parte dal frico, la “base della cucina friulana”. Sul sito dell’Osteria c’è la descrizione, che vi verrà ripetuta al tavolo, ma così potete andare già preparati, e fare una bella figura.
“Cos’è il frico? È un tortino di patate con due stagionature di formaggio latteria (quello che usiamo noi è anche senza lattosio, infatti il Montasio di due mesi non ne contiene, quindi ottimo per gli intolleranti), un filo appena di cipolla (questo per spiegare che non è una pietanza alla cipolla, ma è il taglio esatto tra formaggio e tra patate), rigorosamente cotto in padella in pietra senza ulteriore aggiunta di grassi, perché ce n’è già di suo.”
Al frico classico (che costa 9 €) Gunnar affianca una serie di versioni gourmet, con nocciole (friulane), speck d’oca (friulano), cardi, e l’antica mela carnica. C’è anche una versione con la pitina, una polpetta di carne affumicata originaria della Val Tramontina, a nord di Pordenone. Prezzi da 11 a 13 €.
Patate, formaggio, padella – combinazione letale. Sarebbe un po’ impegnativa, una cena tutta frico, ma dopo averne assaggiato uno, buonissimo – mi tenterebbe…
Il frico è anche una tessera importante dei progetti di delivery dell’Osteria, già iniziati durante il lockdown, che Cautero intende sviluppare. Si parla anche di salumi, vini, altri prodotti, oltre a quelli della cucina, pasticceria.
Assieme al frico, mi hanno portato un tagliere di salumi. Niente da dire, come introduzione al territorio ci siamo. Molto bene. I taglieri della Prosciutteria vanno dai 15 ai 30 €. Ci sono anche degli antipasti veri e propri, 12/15 €, cui mi riservo di dedicare una cena intera. Segnalo intanto un tris di erbe spontanee della Valcanale, un tonno di coniglio (adoro…), e un paté di coniglio e anatra.
Ma tutto il menu è un viaggio di esplorazione nel territorio e nei suoi prodotti. Qualcosa conoscevo già: il toc in braide, cioè l’intingolo del podere, qui proposto in 2 versioni come antipasto (14 e 18 €). E l’oca in onto, ovvero conservata nel suo grasso, come si usava in campagna (il confit d’oie francese). Una serie di prodotti mi erano sconosciuti: lo sclopit, un’erba molto usata in cucina, con vari nomi regionali. Il figomoro, un tipo di fico. La varhackara, presidio Slow Food, “un pesto nato per valorizzare il lardo conservando al suo interno ritagli di salame, speck affumicato, guanciale, pancetta e ossocollo”.
Dopo il frico friulano, Gunnar (ho lasciato scegliere a lui) mi ha portato gli Gnocchi (di farina) ripieni al Figomoro di Caneva e Varhackara con burro tartufato (15 €). Buoni, forse mancava un filo di sapidità, mi son sembrati un po’ dolci. Ma amo i fichi, e il lardo – e stavano benissimo assieme. Fra i primi, ci sono anche i tagliolini con grano antico, San Daniele 24 mesi e cavolo broccolo friulano (14 €). E la vellutata di fagioli di San Quirino con orzo, radicchio e ciccioli d’oca (13 €). Invitante anche il riso Carnaroli con Tazzelenghe (un vino manco a dirlo friulano), formaggio (Ovaro) e pasta di salame (14 €).
A seguire, la Tartare morbida di toro al tartufo nero, con verdure tipo caponatina (18 €). Macinata, non tagliata al coltello, per renderla più spalmabile. E le verdurine sono una meraviglia. Ci sono anche il baccalà mantecato con polenta bianca (17 €) e la coscia d’oca affumicata in onto (24 €). Mi sa che dovrò dedicarci un’altra cena.
Come dolce una Gubana al cioccolato (5 €). Avevo già mangiato la gubana “storica” della pasticceria Eppinger – questa sarà magari meno storica, ma il cioccolato ci sta benissimo. Fatta in casa, come gli altri dolci, la pasta, il pane, le affumicature e non so cos’altro.
Il viaggio friulano è stato accompagnato (ovviamente) da vini friulani. Sono partito con un bicchiere di Bis, una Ribolla Gialla di Cozzarolo, che ho amato particolarmente. Con gli gnocchi, un Collio Friulano Tenuta Stella, e un rosso Franconia di Micossi con la tartare.
Per i lettori curiosi: l’omaggio “milanese” in menu sono il riso al salto con l’ossobuco (24 €) e la costoletta col manico (30 €). Non lo dirò qui, ma sarà il menu di un’ulteriore cena da Gunnar.
Infine, giusto per ribadire l’attenzione al mondo dell’olio che sta attraversando il mondo della ristorazione, a anche Scatti di Gusto, una sezione del menu è dedicata agli oli friulani (5 €).
Faedis (Leccino, Pendolino, Grignan, Frantoio Leccino del Corso, Bianchera)
L’Osteria di Gunnar Cautero è stata premiata l’anno scorso come miglior trattoria da I Cento di Milano. Leggiamo su Udine Today: «Non vedo questo riconoscimento come un traguardo, bensì come uno stimolo a migliorare ancora. Per noi è fondamentale la scelta delle materie prime. Il pesce lo faccio arrivare da Marano Lagunare, le erbe dalla Valcanale grazie all’amicizia con il pioniere del biologico Gigi Verdura, i vini hanno etichette rigorosamente friulane. Sono le scelte cardine che guidano il nostro modo di fare ristorazione.»
Nuove aperture a Roma, nuovi spazi all’aperto, locali che aprono nuove sedi. Non tutti i ristoratori intendono seguire l’invito a cambiare mestiere del viceministro Castelli. Lo so, non ha detto proprio così – e a seguire polemiche ma anche proposte operative.
Comunque: eccovi qualche indicazione sulle nuove aperture a Roma, tra ristoranti, osterie e trattorie.
1. Roma: nuove aperture. Un nuovo dehors per il Massimo D’Azeglio
L’Antico RistoranteMassimo D’Azeglio nasce nel 1875 con l’albergo omonimo, che fa parte del gruppo capitolino Bettoja Hotels. Per questa estate 2020 ha aperto un nuovo dehors, ideale per gli aperitivi, i pranzi e le cene estivi, che potranno usufruire anche della cantina (oltre 2000 etichette). La cucina è d’ispirazione piemontese-romana.
Il Massimo D’Azeglio fa parte dei Locali Storici d’Italia, ed è un ristorante “all’antica”, con le sue boiserie originali in mogano e le pianelle in rame di Alfredo Biagini. E naturalmente stampe risorgimentali e ritratti di Garibaldi e Cavour.
2. Nuove aperture a Roma: Mirko Rizzo apre la Pizzeria Elementare al Parco Appio
Lasciata 180g Pizzeria Romana a Jacopo Mercuro, il pizzaiolo Mirko Rizzo si è trovato uno spazio nel Parco Appio. La nuova apertura a Roma è Pizzeria Elementare. “La nostra pizzeria d’altri tempi, appesa tra teatro e narrazione,” recita la pagina Facebook. Che riporta anche le istruzioni per l’uso, in 4 fasi.
Fase 1 Siedite e levate la mascherina
Fase 2 Godite er Parco e la tua compagnia
Fase 3 Non te famo magna, te famo sta bene
Fase 4 La qualità non ha bisogno di forma
Pizza tonda, bassa e croccante, birre artigianali e qualche vino naturale.
Pizzeria Elementare. Via dell’Almone, 105. Roma.
3. Nuove aperture a Roma: La pizzeria IQuintili a Tuscolana
La Pizzeria IQuintili era ripartita molto bene: “Sin da subito abbiamo rivisto i nostri clienti affezionati e siamo costretti a dire di no a tante persone: nonostante abbiamo disponibilità di quasi 200 coperti sui nostri classici due turni spesso non sono sufficienti. Questo mi commuove e fa capire come abbiamo fatto in pochi anni un lavoro straordinario con tutto il mio team”.
Tanto da indurre Marco a dare alla sua pizza napoletana contemporanea questa seconda casa.
“Era da tanto che volevamo fare questo pass. Contiamo di replicare il successo di Tor Bella Monaca e punteremo tantissimo come sempre su un servizio di qualità superiore,” dice ancora Marco Quintili. In questa nuova apertura a Roma si ritroveranno le sue pizze più caratteristiche, dalla Carbonara alla Gricia in fiamme. Ma ci saranno anche le sue crocchette gourmet e le frittatine di pasta.
E Marco sta già pensando alla prossima tappa… Napoli.
Nuova iniziativa anche per il Rome Cavalieri Waldorf Astoria Hotel: Vista 101, altra nuova apertura a Roma, è la terrazza-lounge panoramica per gli aperitivi dell’estate. Ovvero, avere il cupolone di San Pietro, Castel Sant’Angelo, il Colosseo, Trinità dei Monti, Villa Medici, l’Auditorium di Renzo Piano – tutta Roma davanti agli occhi. E di fronte a te mixology d’avanguardia, piatti leggeri e dolci ricercati.
Angelo Severini, bartender del Tiepolo Lounge & Terrace, propone il Nitro Smash Basil (Beefeater 24 London dry Gin, aromatizzato al limone e basilico, con l’olio prodotto nel parco del Rome Cavalieri). Oppure l’O.C.G. (Bulldog London dry Gin, Riduzione di Arancia e Coriandolo, Succo di Limone BIO, Albume e Bitter all’Arancia).
Lo chef Fabio Boschero ha pensato a piatti come il Carpaccio Di Gamberi Di Mazara Del Vallo Con Insalata Di Mango e Chili, o il Ceviche Di Branzino Con Leiche De Tigre. La piccola pasticceria invece è stata creata dal pastry chef Dario Nuti.
6. Taki Labo’ di Massimo Viglietti fra Liguria e Giappone
Si chiama Taki Labo’ la nuova apertura a Roma dello chef Massimo Viglietti. Apertura rinviata a marzo, 15 coperti al bancone, ospitati da Taki, il ristorante giapponese di Taki Onorio e Yukari Vitti a Piazza Cavour.
Lo chef “punk” Viglietti vuole “dipingere tele nuove e vivere l’avventura di un laboratorio-palcoscenico dove lavorare ingredienti giapponesi ma non solo. Ho pensato a delle proposte senza frontiere per un racconto immersivo e inaspettato con ogni pietanza servita a temperatura controllata. Le papille non vengono così scioccate dal caldo e freddo ma da umori di grassezza-freschezza del mare, di terra, e delle carni. Vedrete alternarsi il nostrano Montasio all’anguilla in salsa Parmentier fino al brodo vegetale alla moka express“.
Viglietti parla anche di un futuro progetto, Taki Off. “Non sono più in guerra col mondo ma ora gioco, pur restando un ligure d’attacco. Cerco con Taki Labo’, anteprima di Taki Off, di trasformare il mio Ponente in Oriente. Sono stanco della vis polemica, della critica di sentenze a cui non ho mai risposto con una cucina ruffiana, per compiacere. Faccio quello che la mia famiglia di ristoratori mi ha insegnato“.
Cus Cus il locale siciliano aperto ormai 5 anni fa da Simona Iacono a piazza Bologna, ha aperto un dehors. Anzi, u’ curtigghiu, alla siciliana, con 10 posti a sedere che si aggiungono ai 12 all’interno.
Cous cous artigianale, brioche siciliana e granite: possiamo sintetizzare così l’offerta del ristorante. Qualche antipasto, caponata, tortino di melanzane, insalata di finocchi e arance. E i piatti migliori della cucina siciliana su una base di cous cous, dalla Norma al coniglio alla pattuisa, alla catalana di gamberi.
Il menu estivo è ovviamente incentrato sul pesce e sul “Cus Cus come da Carmelo”, dal nome della trattoria di famiglia a Ragusa, dove Simona ha imparato tutti i segreti del cous cous. 350 gr di cous cous per 2 persone, a cui si aggiungono cozze, vongole, calamari e il pescato del giorno, con il sughetto rigorosamente servito a parte. Da 30 a 40 €, disponibile, come tutto il menu, per delivery e asporto.
8. Nuove aperture a Roma: dehors per l’Osteria dell’Ingegno a piazza di Pietra
25 anni di attività e una novità dopo lo stop forzato del lockdown per l’Osteria dell’Ingegno nella centralissima Piazza di Pietra. Una realizzazione resa possibile dalle nuove disposizioni in materia di concessioni comunali di suolo pubblico.
Siamo all’incrocio tra Pantheon, Montecitorio e Barberini e accanto alle 11 colonne dell’edificio che ospita la sede della Borsa, ci sono 30 posti a sedere che si aggiungono a quelli della sala interna.
Un ritorno alle origini del locale nato come vineria che ora serve anche aperitivi al tramonto.
A occuparsi della cucina di questa nuova apertura a Roma c’è sempre la brigata di sole donne con Francesca, Anna e Lucia, rispettivamente mamma, figlia e zia, che sono originarie dell’Abruzzo.
Il menu è un florilegio di ricette regionali: Parmigiana estiva con bufala, Totanetti di Civitavecchia, iFiore di zucca ripieno di ricotta mantecata con salsa alla puttanesca. In carta i capisaldi della cucina romana, e quindi Amatriciana, Carbonara, Cacio e pepe. Tra i secondi piatti il Pescato del giorno proveniente dal mercato, il Polpo arrosto su purea di fave e cicorietta ripassata e le grandi carni della Macelleria Feroci.
300 le etichette di vini solo italiani di cui molti laziali e 25 bottiglie in mescita.
9. Nuove aperture a Roma: il gelato di design di Stefano Roccamo nel nuovo Stefino
Un nuovo progetto dei Food Designer: questa volta si tratta di gelato. Ma è anche un ritorno a casa: quello di Stefano Roccamo, romano arrivato a Bologna con la sua gelateria Stefino, esperienza ventennale e riconoscimenti come i 3 Coni del Gambero Rosso. Un gelato reso prodotto di design da Francesco Subioli, appunto uno dei Food Designer con Paolo Barichella, Ilaria Legato, Mauro Olivieri, Marco Pietrosante.
Stefano diventa così un format vero e proprio, StefinoLab. Vengono eliminati “i costi di macchinari e lavoro dedicati alla pastorizzazione del gelato, riuscendo nello stesso tempo a offrire al pubblico un prodotto sempre fresco di mantecatura. I mantecatori non occupano spazio ed eliminano la presenza di banchi e vetrine, dal momento che il prodotto viene servito direttamente dal cestello. In questo modo si eliminano anche gli sprechi: la macchina lavora piccole quantità e garantisce un gelato sempre fresco e cremoso. La distribuzione avviene attraverso buste congelate da 3 chili di miscela pronta che, rispetto a quella in polvere, permette di limitare i trattamenti termici e la lavorazione. Così si mantengono intatte le proprietà nutritive e organolettiche delle materie prime.”
Inaugurazione il 24 luglio. Ed è già in programma anche un’apertura londinese.
L’osteria La Quercia esiste da 10 anni, ma dopo il lockdown ha riaperto con un restyling affidato all’architetto Roberto Liorni.
Non proprio una nuova apertura a Roma, dunque. Gli elementi dell’osteria ci sono tutti: pavimento in legno invecchiato dal tempo, alle pareti boiserie di legno verde scuro, marmo e maioliche per il piccolo banco mescita. I tavoli sono in legno e marmo, come nella migliore tradizione delle vecchie trattorie, addolciti dalle luci con paralume in stoffa che scendono dal soffitto. Le sedie vintage sono le Milano originali color miele.
In cucina c’è la novità di Marco Gallotta che si avvale della collaborazione dello chef Paolo Sirianni (sous chef di Baccano, Enoteca Provincia Romana, Macro, Capofaro), per declinare tradizione e ricerca a completo servizio del sapore. Grandi classici preparati con grandi prodotti. Tra gli antipasti la Frittata di erbe (le uova sono di galline allevate allo stato brado, alimentate con semi di canapa dell’ Azienda Agricola L’uovo e la Canapa) e la Ricotta laccata (Azienda Agricola D’Ascenzo di Rieti) con carote arrosto con timo e rosmarino. Le mezze maniche alla Carbonara sono preparate con il guanciale dell’Azienda Collemaggiore di Greccio (Rieti) e i Cannelloni ricotta e orto cambiano il ripieno a seconda delle verdure fresche assicurate da l’Orto di Clapi – micro fattoria permaculturale di Campagnano. Tra i secondi Seppie in zuppa di cannellini, Pollo con i peperoni, Polpette alla maniera dei Saltimbocca. La carne arriva ogni mese da una macelleria romana diversa che proporrà un particolare “taglio” allo chef: a luglio Macelleria da Simone di Campo de’ Fiori, seguita dalla macelleria Bombelli. Le crostate e i biscotti, come il pane, sono di Forno Monteforte.
Pochi tavoli per il silenzioso esterno per godere di uno scorcio di Roma davvero straordinario: tra Palazzo Spada e la chiesa di S. Maria della Quercia. Piccola curiosità: come omaggio a Roma, oltre alla presenza dei piatti tipici in menu, uno spunto che arriva proprio dalla piazza che ospita la Confraternita dei Macellai di Roma. La tagliata e altri particolari tagli di carne, sono accompagnati da un Serratore Panciuto “a tre scrocchi”, con manico in corno di bufalo, realizzato artigianalmente per il locale da Santa Smacola Coltelli alla Romana.
Pochi tavoli per il silenzioso esterno per godere dello scorcio di Roma tra Palazzo Spada e la chiesa di S. Maria della Quercia. Piccola curiosità: come omaggio a Roma, oltre alla presenza dei piatti tipici in menu, uno spunto che arriva proprio dalla piazza che ospita la Confraternita dei Macellai di Roma. La tagliata e altri particolari tagli di carne, sono accompagnati da un Serratore Panciuto “a tre scrocchi”, con manico in corno di bufalo, realizzato artigianalmente per il locale da Santa Smacola Coltelli alla Romana.
La Peca è un nome di ristorante che risuona spesso tra gli appassionati della buona tavola. Mi sono sentito ripetere più volte: “Non ci sei mai stato? Vai dai fratelli Nicola e Luigi Portinari e poi mi dirai”.
Ed inaspettatamente, proprio nel periodo storico più complesso e assurdo mai vissuto, si sono creati i presupposti per un pranzo in quel di Lonigo.
Devo subito dire che il consiglio è perfetto. La rilassatezza che concedono tavole come questa è analoga ad una passeggiata nei boschi, ad un bagno rigenerante in acque fresche, ad una bella vacanza.
La magia la creano le materie e la capacità di accompagnarle senza che il commensale debba sforzarsi nel comprendere un piatto.
Il nome del ristorante ha un forte legame con il territorio e con la famiglia. Peca, in dialetto vicentino, significa traccia, impronta ma è anche il modo in cui venivano chiamate le colline che circondano il ristorante. Colline impervie sulle quali si avventuravano ladroni che lasciavano le loro “peche”, le impronte. Le stesse (più o meno) che Nicola e Pierluigi lasciavano sul grande tavolo di cristallo di casa Portinari facendo infuriare loro madre.
Sulla nostra tavola invece è arrivato il menu di terra e l’Alsace Pinot Noir Vieille Vigne ’13 Rietsch (55 €). Ultima bottiglia rimasta in cantina, pescata da una carta dei vini profonda e che incontra decisamente i miei gusti, provvista com’è di un gran numero di vini di veri artigiani, con giusti ricarichi.
Il pinot nero di Rietsch è stato prodotto con macerazione semi carbonica che gli ha permesso di regalare profumi primari dell’uva a sette anni dalla vendemmia. Sorprende per il classico finale di erbe officinali, aromatiche e di radici, ingentilite da quelle più dolci, incipriate da un legno che leviga gli spigoli ma non marca il vino. Lo rende seducente e vellutato nel suo roteare nei calici Burgundy Zalto. Un vino di classe che ha esaltato gli abbinamenti meno scontati (come l’insalata iniziale) e anche i piatti più dolci.
Come si mangia al due stelle Michelin La Peca
Ecco la batteria di amuse bouche.
uovo ricostruito con asparagi
mousse di ceci con verdure croccanti e crema di prezzemolo tuberoso
involtino di zucchina con tartare di anguria e vongole
panzerotto ripieno di pomodoro con seppia e pecorino
bon bon di carota con riduzione di cocktail americano
bignè di melanzana con le sue note fumè.
Ottimi, manco a dirlo, i pani ed i grissini ed il burro montato.
Gli antipasti
Il percorso vero e proprio inizia con l’insalata e un’esplosione primaverile di elementi vegetali dai colori vivi, dai profumi dell’orto e dai gusti rinfrancanti. Il fungo cardoncello è libidinoso per la sua croccantezza e per un gusto di grande intensità.
Nella Capasanta e carpaccio le morbidezze si integrano tra mare e terra. L’insalata è un rinforzo per carpaccio e capasanta che, in maniera ruffiana ma impeccabile, coinvolgono i sensi senza bisogno della parte crunchy (sorry).
I primi piatti
Gli Gnocchi ai funghi giungono ad un punto del pranzo che li penalizza. Un tale concentrato di funghi, dopo due piatti con la medesima materia, smussa l’effetto sorprendente della capacità – mirabile – di concentrare i sapori con grande tatto, equilibrio ed esplosività.
I Ravioli sono troppo, troppo golosi per riuscire a soffermarsi sulle sfumature. Sono stati consumati con ingordigia. Sarà la parte liquida interna, la pasta con una texture ammirabile, la testina. Con il senno di poi, forse se fossero stati proposti prima degli gnocchi avremmo goduto appieno entrambi.
I secondi piatti
Il petto della Faraona ha una morbidezza quasi imbarazzante. E la coscia? Cosa c’è di più succulento ed invitante della coscia? Quella della Peca è arricchita da asparagi all’agro che la esaltano. L’impiattamento forse non è dei più intriganti, ma il risultato è spettacolare.
Quel grasso, quella carne, quella materia. Cosa avrà mangiato di così dolce quel Cinghialino per rendere così piacevoli le carni? Il cannolo porta con sé tutte le note acide necessarie per sostenere la parte lipidica e dare carica al palato.
I dolci
Questa meringa al pepe con mousse di foie gras è una libidine. Il vero foodporn (e pensare che non amo la meringa).
Il Sorbetto di limone verde e zenzero è semplicemente perfetto.
La Crostata al limone con sorbetto di mandorla e mandorle salate è tecnicamente ineccepibile per contrasto di consistenze e di temperature ma ha una nota eccessiva di vaniglia. L’unica aspettativa disattesa di un pranzo da ricordare.
I menu e i prezzi al ristorante La Peca
Al pari dell’accoglienza di due grandi signori della ristorazione italiana che possono vantare un rapporto qualità prezzo da due stelle Michelin impeccabili (il nostro menu di terra costa 150 € e li vale tutti. Troverete il degustazione mare a 165 €. Antipasti: 35/50 €. Primi: 30/40. Secondi: 42/60. Dolci: 20/24. Sorbetti: 10/14).
Augusta Cucina e Cicchetto ha aperto a Rimini tra resti romani e antiche ghiacciaie medievali, le grandi vasche rotonde che venivano riempite di neve ghiacciata per conservare gli alimenti deperibili prima che nascesse il frigorifero.
Augusta è il bistrot del ristorante 1 stella Michelin Guido di Rimini, la cui apertura vi avevamo annunciato a giugno.
E ora vi diciamo che è un indirizzo da segnare in agenda.
Perché si chiama Augusta
Il locale è un tributo alla moglie di Guido, Augusta Biotti. La signora nel dopoguerra si dedicava in riva all’Adriatico, località Miramare, alla preparazione della pizza nelle balere, nei bar e nelle case private con una stufetta a gas. E in una fiaschetteria, oggi diventata albergo, vendeva il vino che la famiglia produceva alle pendici del castello di Mulazzano.
I nipoti, Gianluca e Gianpaolo, hanno deciso di continuare con indiscusso successo la tradizione dei nonni con il ristorante Guido, poi con il Mare di Guido a Fico Eataly World a Bologna, e in ultimo con questo bistrot, ultimo arrivato in casa Raschi.
L’estetica del locale colpisce a prima vista, negli interni, con un ingresso con calde pareti rosse e un’imponente e altissimo bancone che accoglie i prodotti del laboratorio di ricerca Guido Lab.
La sala è impreziosita dai pavimenti in mosaico anni ‘50, ma il fiore all’occhiello del locale è il giardino nella corte interna. Uno spazio suggestivo e accogliente che accoglie i commensali a pranzo e a cena fra oggetti di design e di tradizione.
A guidare la brigata in cucina c’è lo chef Paolo Bissaro, nuova risorsa della squadra.
La filosofia di Augusta è offrire una cucina “di pancia” con i cicchetti proposti fuori dagli orari rigidi di colazione – pranzo – cena.
Il valore dell’ospitalità ben conosciuto in questo locale e nella Romagna in generale è subito chiaro. Originale e di indiscussa utilità l’idea della “bustina” (di quelle piccole piccole simili ai contenitori dei gioielli), di cui veniamo dotati all’arrivo. All’interno, una confezione monouso di igienizzante per le mani mani. E durante la cena serve per riporre la mascherina.
Come si mangia nel nuovo bistrot
Il pane, ottimo e “home made”, è la classica spianata romagnola, cotta a bassa temperatura e servita calda, oltre all’immancabile piadina.
Il menu è suddiviso in due parti; le proposte della cucina vera e propria, e i famosi “cicchetti“ (per i quali sicuramente ritorneremo). Qualche esempio: baccalà mantecato, sardoncino e erbe pestate, patè di seppia e nocciole, ragù di zavoli, pollo alla cacciatora. Tutti al prezzo di 3 €.
I cicchetti vengono serviti ininterrottamente dalle 11 di mattina alle 20.30.
Ma la nostra scelta, visto l’orario (circa le 22), è orientata sulle proposte della cucina.
Abbiamo iniziato con sardoncini marinati con radicchio e piadina (12 €). Un pesce signature dell’Adriatico e molto simile alle alici. Il piatto è fresco, ben presentato e dalla delicata marinatura.
Proseguiamo con fritto misto di pesce con maionese al saor (16 €). Meno delicato rispetto al precedente, ma con una panatura leggera e con una buonissima maionese fatta in casa.
Apprezziamo particolarmente il calamaro ripieno di melanzane con pappa al pomodoro (24 €) per la cottura perfetta che lo ha fatto diventare il calamaro più tenero che avessi mai mangiato. E la presentazione appaga anche l’occhio.
Piatto da salivazione istantanea è il tonno alletterato fagioli e cipolla (15 €). Tenero e dal sapore deciso.
Scegliamo un vino Memor Primitivo cantine Ferri. Impegnativo per gradazione (16 gradi) e annata (2012), ma dall’ottimo rapporto qualità prezzo. I ricarichi qui sono veramente onesti.
Il dessert è semplice ma d’effetto: ciambella, frangrante con crema chantilly freschissima (5 €).
L’eccellenza della materia prima, la professionalità e cortesia del personale sono i caratteri che vi conquisteranno insieme a un ottimo rapporto qualità – prezzo (siamo sui 40 € a persona, bere escluso). Motivi molteplici per consigliarlo e per ritornare.
Effetto Coronavirus a Milano: Chiude Taglio, e se ne parlava già da un po’. Ma la rassegna dei locali che non danno segno di vita e non si capisce se siano definitivamente defunti, si allunga. Anche La Fabbrica Pizzeria aveva abbassato le saracinesche da diverse settimane.
1. Chiude Taglio in via Vigevano. Per davvero
Una chiusura dolorosa, quella di Taglio, caffè-bistrot-bottega in via Vigevano, una delle strade della movida gastronomica milanese. Aperto nel 2013 da RaffaeleSangiovanni con un gruppo di soci, aveva avuto fra gli altri anche il merito di essere protagonista competente e precursore dell’ondata di specialty coffee. Non ha resistito al lockdown, e non è riuscito a ottenere i finanziamenti indispensabili a dare un futuro al locale e ai suoi dipendenti.
“Tanti di voi, tantissimi, si sono offerti per supportarci economicamente, cosa che dimostra ancor di più che rapporto abbiamo costruito in questi anni con voi tutti. Volevo solo dirvi che se il Governo, la Regione, il Sindaco Sala, l’Inps. E purtroppo buon ultime le banche che sono, come nel caso di Ca.Ri.Ge., il vero ostacolo. Dovessero prestarci i soldi per riprovare e ci consentissero almeno di ripartire, allora sono sicuro che il vostro slancio per venirci a trovare e aiutarci sarà ancora più importante e bello.
Diversamente, se la nostra riapertura dovesse dipendere solo dagli amici, vorrebbe dire essere soli e abbandonati ancora una volta alle nostre (vostre) risorse. Cosa questa volta non tollerabile è profondamente ingiusta. Ma state certi che il capitale di amore, vicinanza, segnali, messaggi, telefonate e grande solidarietà che ci ha sommerso, vale più di qualsiasi somma di denaro ed è l’unico capitale che nessuno ci potrà mai togliere o negare ! E ci dà la forza di provarle tutte fino in fondo. Ci proveremo ancora, anche se non si vede luce, con coraggio e impegno. Nessuna promessa, se non quella che se dovessimo riuscire in un miracolo, sarete i primi a saperlo… E allora sì che vi aspetteremo per aiutarci anche tangibilmente.“
Non è successo nulla, quindi: e sabato Taglio chiude per sempre (lasciatemi mettere un ? di speranza) i battenti, con un mercatino finale di quello che è rimasto nel locale.
“THE LAST DANCE! Eh sì, è ufficiale, Taglio chiude e smantella. Ma c’è ancora un ultimo ballo da fare, un’ultima occasione di portarsi a casa un pezzetto di Taglio, un ricordo di questi bellissimi anni passati insieme! Per chi avesse voglia di passare a salutarci, per chi vuole comprare qualcosa di Taglio, abbiamo organizzato un mercatino di fine corsa… Prezzi stracciatissimi per tutto quello che volete! Ci saremo tutto Sabato 25 luglio, dalle 10 alle 20… ma anche primaci trovate qui se volete trovare i pezzi migliori!“
2. Chiude Taglio ma pure La Fabbrica Pizzeria in viale Pasubio
Le vetrine spente, un po’ di polvere, nessun movimento all’interno: La Fabbrica della Pizza, pizzeria e ristorante all’inizio di viale Pasubio, chiude definitivamente. Francesco Tafuro ha deciso di non proseguire con l’attività del locale, dove peraltro si mangiava bene; anche le pizze non erano niente male.
Al suo posto, sono già in corso i lavori per un nuovo SignorVino, cha va ad aggiungersi agli altri locali milanesi del gruppo – uno anche all’inizio dei Navigli.
Da segnalare che N10, l’altro ristorante di Tafuri, aperto l’anno scorso all’insegna del calciatore Alessandro Del Piero (10 è il numero della sua maglia), è ancora chiuso. Non si hanno notizie di una sua riapertura prossima.
3. Chiude anche il Sand Cafè in via Aselli
Cocktail e lounge bar in via Aselli, ai margini di Città Studi, il Sand Cafè ha chiuso. Locale elegante, a tema sabbia, buoni cocktail, accompagnati da un buffet discreto.
4. Chiuso BeCho Best Choice: al suo posto Tannico
Ricordate ? Era quel ristorante di via Savona in cui ero andato per tre volte, sperando di uscirne soddisfatto. Le prime due volte non mi aveva convinto, anche se il posto mi piaceva, e non è che si mangiasse proprio male. Era subentrato a un locale quasi storico, Joe Peña’s. Alla terza visita, era andata meglio. Poco tempo dopo, aveva aggiunto una specie di rivendita di prodotti. Ma avevo avuto comunque l’impressione che non sarebbe durato: la cucina restava abbastanza indecisa.
E purtroppo ho avuto ragione: negli spazi, molto grandi, ora c’è l’enoteca con delivery, e con cucina, Tannico.
5. Chiusura anche per Pizza Fest di Pasquale Pometto
Chiusura decretata dal tribunale per Pizza Fest di Pasquale Pometto in via Torino. Una delle tante pizzerie del pizzaiolo calabrese in città, dedicata in particolare alla pizza a portafoglio.
Il motivo della chiusura è l’indisponibilità della proprietà del negozio a venire incontro a Pometto, impossibilitato a pagare 12.000 € di affitto per la sua attività. E della mancanza di aiuti vuoi statali vuoi da parte delle banche.
Palazzo Petrucci, l’ammiraglia sul mare di Posillipo a Napoli, è ritornata ancora più bella e agguerrita sulle rotte dell’alta ristorazione.
La chiusura forzata da lockdown è stata utilizzata per rifare la cucina e la sala del ristorante stella Michelin guidato da Lino Scarallo.
I lavori, iniziati prima della pandemia, sono stati portati a termine anche se il ristorante aveva riaperto subito dopo il via libera della Regione Campania utilizzando la sala e la cucina al piano superiore.
Giusto qualche giorno dopo la data del 21 maggio, Palazzo Petrucci aveva riaperto il ristorante aggiungendo al Malandrino e sulla terrazza la formula Tapas e Pizza.
Un successo di pubblico che ha mandato sold out l’intera struttura, oggi di nuovo al completo con il termine dei lavori di ristrutturazione.
Per chi ancora non conosce lo storico ristorante partenopeo, è d’obbligo una guida aggiornata.
L’insenatura della baia chiusa da Palazzo Donn’Anna è dominata da questo palazzetto che ha l’ingresso a livello strada con la spettacolare terrazza. E poi si scende per tre piani fino alla spiaggia.
Tapas e pizze sul Golfo di Napoli
Al – 1 c’è il Malandrino, lounge bar alla partenopea che, come detto, ospita con la terrazza le tapas e le pizze napoletane contemporanee.
E qui ci va la digressione perché l’idea di proporre un estratto delle pizze del Palazzo Petrucci di piazza San Domenico Maggiore, nel centro antico, è stata fulminante per rapporto qualità – prezzo. Con 10 € mangiate una pizza buonissima come la Tortiera di Alici, la Nerano o quella con le melanzane godendo di un panorama che pochi possono offrire.
Al piano – 2 c’è la sala normalmente destinata ad eventi e ricorrenze che era stata riconvertita per ospitare la sala del ristorante.
Il nuovo Palazzo Petrucci
Al – 3, quindi al piano spiaggia, il ristorante rivisto sia nella sala che nella cucina.
Una nuova opera di Antonio Nocera chiude la prospettiva e la sirena su fondo azzurro è il primo saluto ai commensali. Un lavoro di rifinitura degli infissi e del soffitto hanno reso la sala più bella e godibile. Le grandi finestre affacciate sulla spiaggia a ogni piano sono la migliore garanzia di ventilazione naturale che in questo periodo è oro per chi vuole sentirsi più sicuro.
Le distanze tra tavoli e gli ampi spazi, oltre alla veranda e alla terrazza, fanno di Palazzo Petrucci un approdo sicuro.
A dettar legge è sempre la cucina briosa di Lino Scarallo cui è andata la parte più corposa della ristrutturazione eseguita anche se il ristorante si è trasferito qui solo a gennaio 2016. Ma la “fabbrica” di Palazzo Petrucci non si ferma mai e aggiustamenti anche nei dettagli sono sempre all’ordine del giorno. Un’attenzione che migliora di continuo l’ospitalità e il confort dei commensali.
Ed eccola questa cucina astronave che a ragione fa sorridere Lino Scarallo. Forse il cambiamento sarà meno evidente all’occhio dei più distratti, ma la logica da Formula Uno vuole che il motore sia performante.
E le prestazioni si ritrovano nel piatto. Qui ancora più evidenti con il ritorno alla grande del menu degustazione Napoli, un tributo alla città e all’impronta glocale di Lino Scarallo. La tripletta nuova sala – nuova cucina – nuovo menu è un bel colpo cui non dovete rinunciare.
Il nuovo menu Napoli
Già nel benvenuto dello chef non manca il tributo partenopeo con il cannolino cicola e ricotta.
Il classico dell’estate qui è un’insalata di mare proposta tiepida al contrario delle usuali fredde che esalta maggiormente il sapore del pescato del giorno.
Spettacolare l’insalata di patate e fagiolini con portulaca e dressing di acciughe, menta e limone che ripropone un classico domestico dei pranzi estivi. Pochi elementi per un piatto che lascerà il segno nella vostra estate e vi farà bandire l’aceto dalle preparazioni casalinghe.
Un ristorante di mare e sul mare che deroga al primo piatto usuale? Lino Scarallo ci crede e noi siamo con lui dopo aver assaggiato le candele tagliate allo scarpariello con il peperoncino fresco e rinfrescante. La tradizione contemporanea che piace.
Per i talebani del mare c’è sempre la possibilità di chiedere il fuori carta, un pregevole spaghetto alle vongole carnose da manuale.
Ma il vero asso nella manica è la riedizione di un altro classico della cucina napoletana e segnatamente dell’area flegrea: la spigola fritta. A tavola arriva un godibilissimo trancio di pesce che sa di spigola e non di olio di frittura con un sottile velo croccante da goduria infinita. Ad accompagnarlo, le zucchine alla scapece equilibratissime nella tradizionale veste pungente. Questo è un piatto da dichiarare imperdibile.
Il pre dessert è l’ormai iconico bonbon al frutto della passione che resetta e porta al dolce.
Ancora tradizione a piene mani con “vino nelle percoche”. Lino Scarallo, con la pastry chef Emilia Maresca, propone il classico da spiaggia e trattoria con un sorbetto intenso di e vino che sprofonda nel soufflé dolce di pesche. Vi ritroverete sparati nei migliori anni della vostra fanciullezza quando pesche e vino erano una deroga al divieto di bere alcolici.
I piatti della nuova carta di Palazzo Petrucci
Lo so, state guardando alle porzioni mini da degustazione che vi assicuro compongono un percorso sostanzioso, ma l’occasione della nuova cucina non poteva essere sprecata per dare un’occhiata alla carta.
E assaggiare la tartare di manzo con la salsa di amatriciana estiva, il lardo di seppia e la cipolla bruciata (28 €) che potrebbe creare una combo perfetta mare – terra con i tagliolini di calamari con vongole veraci e alghe (c’è un menu degustazione da 7 portate Lino fai tu a 150 € in cui si potrebbe fare richiesta, suppongo).
Buonissimo anche l’altro utilizzo delle candele con il musetto di vitello, il pepe e la maionese alle ostriche (32 €). Un piatto che mescola la super tradizione con l’alta cucina che a Scarallo, soprattutto con la pasta, riesce benissimo.
E ora tocca a voi scegliere tra i menu degustazione (il Napoli viene via a 90 € e non prevede piatti alla carta, quindi dimenticatevi di farvi portare un’intera spigola fritta) e i piatti alla carta che offrono sempre interessanti novità.
Meno di 10 chilometri separano Gostilna Mahorčič e Rodik, in Slovenia, dal confine italiano a Trieste. Si va per locanda, la gostlina che identifica cucine anche molto differenti ma sempre con un occhio di riguardo al prezzo.
La Gostilna Mahorčič di Martin e Ksenija Krajsek, tra i 9 Bib Gourmand segnalati dalla prima edizione della Guida Michelin, è un perfetto esempio di commistione tra nuovo e antico. Oltre che indirizzo dove mangiare bene a meno di 35 € a persona scegliendo antipasto, piatto principale e dessert.
L’insegna dei JRE (Jeunes Restaurateurs d’Europe) fa il paio con la gentile ed esperta responsabile di sala che macina chilometri nei suoi lindi zoccoli sanitari mentre la vecchia stufa si incastra in una sala rinnovata in molti elementi ma ancor legata al passato.
L’ampia proposta di comfort food, fedeli ai piatti più casalinghi ma con impiattamenti che rallegrano la vista, compongono 4 menu degustazione: 8 piatti 72 €, 6 piatti 48, 4 piatti 36, 5 piatti vegetariani 45 €.
E’ la parte carnivora a presenziare una cucina calibrata ma di sostanza, che non eccede con la salatura delle pietanze. E, nonostante la grassezza di alcuni ingredienti, permette al commensale di completare il menu senza inciampi.
Il menu alla carta vede antipasti e primi a 5-14 € (Tagliolino a tartufo nero pregiato e Perigord a 25 €), secondi a 9,50-18,80 (Costoletta di vitello al forno 28,50 €) e dolci a 6,50 (Sorbetto 3,50 €).
Carta dei vini ben calibrata nella selezione di aziende territoriali che raccontano le varie sfaccettature del meraviglioso sottosuolo carsico, con qualche licenza fuori regione.
Noi abbiamo scelto la Vitovska ‘17 di Marko Tavčar (Azienda Pietra). Impronta riconoscibile nella sua fine ricchezza di frutto avvolgente in ingresso bocca. Gli manca solo un filo di profondità ma regala grande piacevolezza con una pulizia esemplare. Vino non filtrato.
Come si mangia da Gostilna Mahorčič
Le sorprese giungono fin dal principio perché succede di rado, ma succede, il benvenuto della cucina conquista e convince.
Una candida pallina di ricotta e polvere di tartufo nero e funghi dall’aroma inebriante che scopre in piccole frittelline alle erbe il coniugio non solo più rispettoso ma esaltante.
Il pane da farine semi integrali con lievitazione con pasta madre trova un grande compagno nel paté di pollo con cipolla rossa di Tropea, crumble di pane e lampone. Manca solo qualche piccolo cristallo di sale per raggiungere la perfezione.
Gnocchi, ragù di faraona, caprino con sartoreggia montana. Soffici gli gnocchi, ben tirata la salsa che accetta di buon grado la nota lattica del caprino che avvolge papille e anima.
Tagliolini di castagne, coniglio e carote. Unico piatto in cui la delicatezza dell’intingolo è stata eccessivamente cauta al cospetto di una pasta dal gusto intenso. Perfette le cotture ma manca l’incastro.
Stinco di maialino da latte, patate in tecia. Materia prima di livello eccelso trattata con grande rispetto. Cotenna scioglievole e rosee carni succose, con patate arricchite da cipolle dalla convincente e disarmante semplicità.
Petto d’anatra, purea di patate e limone, arancia e anice stellato. Cottura evidentemente prolungata ma ben distribuita con carni che hanno abbandonato la loro tenacità per donarsi cedevoli. Puré che in questo caso ricorda una crema pasticciera – salata – per la sua opulenza ed il profumo agrumato.
Mi è successo spesso che al momento del dessert sorgesse il dubbio se concederselo o no, vuoi perché spesso la proposta dolce non equivale la qualità della compagine salata, vuoi per sopravvenuta sazietà. Qui, al contrario, bisognerebbe scriverlo espressamente sul menu: “lasciate uno spazio per l’ultimo atto”.
Cremoso di gianduia e limone, sorbetto di rapa rossa, brownie, erbe. Sorbetto che vede finalmente protagonista uno degli ingredienti meno utilizzati in assoluto, cremoso goloso ed apparentemente alleggerito. Tutto ben coinvolto, noi compresi.
Yogurt e fave di tonka, crumble alle nocciole, ganache al caffè, sorbetto di kaki. Cosa nasconderà questa spuma dotata di ottima acidità? Altro dessert che sa unire sostanza e leggerezza, il cucchiaio affonda senza sosta e il piatto resta lindo in un batter d’ali.
Una di quelle esperienze che sanno trasformare un rilassato pranzo domenicale in un racconto che val la pena di essere divulgato per raccomandare l’indirizzo a chi durante le vacanze non guarda solo al mare. Anche in questa estate anomala per le restrizioni ai viaggi che tra Slovenia e Italia per fortuna sono cadute.
Finalmente ha riaperto il paradiso del Relais Blu in Costiera Sorrentina. Panorama mozzafiato per la sala e soprattutto per la terrazza che ti fa sfiorare Capri immersa nel blu del cielo e del mare che si allunga oltre Punta Campanella.
Un posto paradisiaco, appunto. Anche in questa strana stagione che vede Antonino Acampora rilanciare il ristorante con l’arrivo di un nuovo e promettente chef.
Cambio chef al Relais Blu
Ad Alberto Annarumma, esperienze importanti allo stellato Casa del Nonno 13 a Mercato San Severino, è affidato il compito di riconquistare la stella Michelin.
L’offerta gastronomica del Relais Blu (ricordiamo che qui ci sono 10 splendide camere e una piscina a sfioro con lo stesso favoloso panorama) quest’anno sembra anche più completa.
Oltre ai piatti del menù creativo, ci sono i grandi classici della cucina campana, che in penisola sorrentina non possono mancare.
L’espressione territoriale rende obbligatori piatti come la Parmigiana di melanzane o gli Spaghetti alla Nerano soprattutto se preparati come ha dimostrato di saper fare lo chef Annarumma.
Come si mangia: gli antipasti
Il benvenuto della cucina è sospeso tra terra e mare, perfettamente in sintonia con il luogo. Verreste al Relais Blu anche solo per una fresella con gli ottimi pomodori dell’orto di casa, ma il saluto è ben più corposo.
L’Insalata di mare è fresca e bella d’aspetto. Un’elegante rappresentazione della freschezza dei prodotti ittici in abbinamento ad un fondo di sedano corroborante.
Il Maialino fritto (18 €) è un goloso ed utile antipasto per quelli che vogliono andare oltre i piatti di mare.
Dalla sezione “Tradizione” del menu peschiamo la Variazione estiva: Parmigiana di melanzane, fiore di zucchina farcito e tartelletta con scarole ripassate e olive (18 €). Materia prima esplosiva e grande effetto scenografico.
I piatti del Relais Blu
I Cappellacci ripieni di coda di rospo con crema di zucchine e vongole veraci (20 €) si fanno notare per tecnica ed eleganza. Non è mai semplice trattare paste fresche e pesci delicati, ma Alberto Annarumma ha dato ottima dimostrazione di saperci fare.
Tornando sull’insidioso terreno della tradizione, il grande classico degli Spaghetti alla Nerano (18 €). Puliti, goduriosi e mozzafiato! Paradossalmente il rischio in un luogo come il Relais Blu è di non ricordarsi cosa si è mangiato abbacinati da un tramonto indimenticabile. Ma la pasta cult dell’estate la ricorderete.
Il Merluzzo con pizzaiola di mare, fagioli, biscotto di Agerola e peperoni di Senise (30 €) valorizza un pescato spesso banalizzato. Qui il valore territoriale gioca con acidità e croccantezza del pomodoro e del biscotto di Agerola. Tecnicamente ineccepibile, sposa bene materie prime locali e internazionalizzazione della tavola del Relais Blu.
I dolci
Il momento dolce parte con il Limone di Sorrento, una mousse di cioccolato bianco, inserto di limone candito, bisquit caprese (10 €). Davvero molto buono.
Ricotta e pere è un bilanciato dessert di eccellente fattura (10 €). Dolce ma non troppo e degno rappresentante di un genere che in Costiera Sorrentina non può mancare.
Passione cioccolato per gli amanti del genere è un altro irrinunciabile (10 €). Ganache al cioccolato e passion fruit, cremoso, sorbetto al cioccolato e arancia con streusel al cacao.
Vini e prezzi
Abbiamo bevuto un Core bianco 2019 di Montevetrano, servito anche al calice. Vino campano in ascesa della mitica Silvia Imparato che si è lanciata in questa nuova avventura con la figlia Gaia rientrata alla base dopo il recente passato in Dolce e Gabbana.
Sempre per accompagnare i piatti abbiamo assaggiato un vino fermo di Marco De Bartoli, il Sole e Vento, e un Verdicchio di Matelica 2017 de La Monacesca.
Il Relais Blu si conferma indirizzo da mettere in rubrica se già non lo avete fatto. La ripartenza è buona e il successo di pubblico e di critica non mancherà.
A voi la scelta tra due menu degustazione a 65 € e 75 € rispettivamente 4 e 5 portate con benvenuti, pre dessert, piccola pasticceria e pani sempre inclusi.
Preparatevi a sognare la Grecia e in greco. Avete presente quando siete in un paese straniero e i costumi del posto vi entrano talmente sotto pelle che iniziate a sognare in lingua?
Ecco se passate da Plataria, la baia greca tra Igoumenitsa e Syvota, e vi fermate per una tappa culinaria da Estia, è questo che vi accadrà. Ma se siete vegani e vegetariani convinti, o anche solo credenti non troppo praticanti, lasciate stare: gli spiedi a vista non sono per deboli di cuore.
Da Estia, la taverna greca come gli dei dell’Olimpo comandano, di vegano ci sono appena le patatine fritte, di quelle tagliate e preparate al momento, che già varrebbero la sosta (ve lo dico).
Come l’incredibile Lahano Salad, l’insalata di cavolo cappuccio marinato in olio, limone e aglio e qualche ingrediente segreto della cucina di Katerina, probabilmente, perché pare non sia replicabile. Anche se su questo, c’è chi giura che l’ingrediente segreto è solo il cavolo, rigorosamente greco. Ecco perché con gli altri non vale.
E poi i peperoni fritti, qualche insalata, pasta e pizze. Ma vi prego, anche in greco, non fermatevi da Estia per questo se non volete finire nel peggior girone dell’inferno degli anti-golosi.
Perché a parte che Grecia è sinonimo di carne, della migliore specie, poi (anche se non so da Estia, perché io non ho voluto giocarmi il paradiso), la pasta lasciatela fare agli italiani.
A ognuno il suo.
E allora si fa sotto Katerina con i suoi Kokoretsi.
Prima vi dico wow, chiudete gli occhi e mangiate, poi vi dico cosa sono.
Dunque, in teoria, per Wikipedia, sono le interiora, sì gli Gnummareddi, i Turcinelli, i Mugliatielli. Ma in pratica, sentite a me, e io che sono pugliese un po’ di termini di paragone ce li ho, vi dico che di così buoni non ne ho mai mangiati.
E dovete fidarvi ciecamente perché non ho nemmeno fatto una delle mie (terribili) foto prima di addentarli.
Insieme alle interiora, a stordire i sensi, ecco i Kontosouvli. È il maiale marinato in vino e spezie ore prima e poi arrostito sui famosi spiedi a vista, tagliato a pezzettoni e servito croccante con la cipolla greca. E siccome la morte del Kontosouvli è il girarrosto lento, e di sabato di lento da Estia non c’è neanche il respiro prima di alzarvi da tavola, se volete provalo al top di gamma andateci in settimana. Ma seppur vi ci ritrovate di sabato ordinatelo che non farete peccato.
Da capotavola a capotavola, nel silenzio sacro del pasto, vedo il greco del giro “sbranare” una testa di agnello (l’avranno portata quando avevo la testa china sui Kokoretsi). Io senza commensali indigeni non avrei saputo come ordinarlo, ma Katerina e i suoi vi capiranno benissimo anche a gesti. E poi un po’ d’italiano lo parlano (testato quando ci sono tornata da sola).
Bene, la testa di agnello e tutto quello che può offrire, dalle guance agli occhi, dalla lingua al cervello, lo so, non è per tutti. È un atto di fede, nel gusto. Io non ho resistito, e Dio mi perdoni, lo rifarei. Più volte.
A dissetare, l’immancabile birra Mythos ghiacciata, o il rosso freddo della casa (su non fate storie siete in taverna). A tirarvi su dalla sedia, dopo anguria e melone, l’Ouzo come se piovesse. È il distillato greco al sapor di anice, ma c’è anche il Tsipouro, la tipica grappa greca.
Dopo una mangiata del genere, temerete di non poter dormire o fare il bagno fino al rientro in patria. Ma la qualità, la lavorazione e la cottura dei prodotti è così genuina che dopo neanche un’ora non riuscite a credere di aver mangiato tutto quello che leggete sul vostro scontrino.
A proposito, prezzo medio, se proprio avete esagerato, 15/20 € a persona, bevande incluse.
Ricordatevi che le porzioni sono notevoli, quindi si consiglia la distribuzione in centro tavola.
Possibilità di pernottamento.
Località bellissima, baia con porticciolo, spiaggia e tramonto mozzafiato.
Questo è quello che so di Estia. E non ne ho abbastanza.
È la prima estate dopo l’epidemia da Covid, e siamo andati a vedere cosa ne è stato dei 100 ristoranti di mare e d’aMare lungo le nostre coste.
Sono ancora lì, è cambiata la gestione, hanno ancora la stessa cucina, o sono diventati altro…
Il criterio di selezione della nostra guida è rimasto lo stesso. Buona cucina di pesce fino a 50 € a persona (bevande escluse), identitaria, con materie prime di qualità, e un’esperienza generale che mette il sorriso sulla bocca del cliente soddisfatto per aver speso bene i suoi soldi.
Ecco dunque i nuovi100 indirizzi tra ristoranti, bistrot, chioschi sul mare, food truck e anche foodboat, in cui mangiare molto bene.
Li trovate suddivisi in Tirreno Nord, Tirreno Sud, Ionio, Adriatico, Isole, ciascuna con 20 segnalazioni.
Impostate il navigatore, la miglior cena dell’estate vi sta aspettando.
Buone vacanze!
1. Patrizia e l’oro rosso di Sanremo
Si mangia quello che il mare dona, dalla barca – di nome Patrizia appunto – che ogni giorno porta Giuseppe di Gerlando e suo padre Alfonso nelle limpide acque a largo di Sanremo per catturare l’oro rosso di queste zone: i gamberi. Dalla barca al ristorante il passo è brevissimo, e chi passa di qui non può mancare una sosta per assaggiare gli strepitosi crudi: a partire da 10 euro fino a 25, che è il gotha del pescato del giorno. Non mancano primi e secondi di mare (anche qualche piatto di terra per chi preferisce), tra cui tagliolini ai gamberi e raviolo in condiglione, gamberi e bottarga.
Una stella luminosa di buon auspicio per l’estate: è quella Michelin di Sarri, ristorante gourmet nel cuore del pittoresco borgo Prino, villaggio di pescatori alle porte di Imperia. Ricette creative a km0 e accostamenti originali firmati da Andrea Sarri, chef amato dalle guide enogastronomiche, membro dei Jeunes Restaurateurs d’Europe, che qui – insieme alla moglie Alessandra – ha trovato la location perfetta, tra pittoresche case pastello e il mare sullo sfondo. Oltre alla carta, lo chef propone anche un menu degustazione Lasciatemi Fare, a 60 euro che due anni fa costava 45 €.
Ma vale la pena di mangiare due piatti dalla carta a 48 €
Punto di riferimento per la cucina di pesce come si deve, Babette dal 2013 si è trasferita dal centro di Albenga in una nuova location a pochi passi dalla spiaggia, per un’esperienza di mare full-immersion. Lo chef Fabio Buonavia si mantiene saldo nella tradizione marinara, con creatività e amore per questa terra, che abbonda anche di prodotti dell’orto e di erbe profumate. Due i menu degustazione, La mia terra e Il pranzo di Babette, che includono anche acqua e caffè.
Menu degustazione: La mia terra (4 portate) 45 €; Il pranzo di Babette (5 portate) 50 €.
Direttamente sul lungomare di Finale Ligure si apre l’ampia veranda coperta del lounge bar e ristorante di Bagni Garibaldi, stabilimento attivo dal lontano 1977, e da allora gestito dalla famiglia Rebonato. Il ristorante propone piatti della cucina tradizionale ligure, è aperto tutto l’anno, ma con la stagione balneare fa anche servizio direttamente in spiaggia. A pranzo tutti i giorni con proposte fresche e leggere, a cena nei weekend per godersi il meglio del mare locale; ma anche durante la settimana, fino alle 21, chi ha voglia di rinforzare l’aperitivo con una frittura di pesce da mangiare guardando il tramonto sarà sempre accontentato.
E’ il regno di chef Simone Marchelli, che gioca a tutto campo con i profumi intensi e mediterranei di queste terre. Cucina creativa di mare (ma in menu ci sono anche piatti di terra) rispettosa e sbarazzina, che ammicca ai paesi lontani come nella miglior tradizione marinara di mercanti e corsari. Vongole e foie gras, tonno latte di cocco e wasabi sono solo alcune delle interessanti specialità dalla cucina. Oltre alla carta, lo chef propone un menu degustazione da 5 portate a mano libera da 40 euro, e un menu vegetariano da 35.
Non può mancare il Pesce Pazzo, nella guida ai ristoranti di mare delle nostre coste, che ritroviamo in splendida forma. La trattoria nata dall’iniziativa di una cooperativa di pescatori punta sul pescato del giorno, con un menu che varia quotidianamente a seconda di quello che il mare ha offerto. Il menu è unico per tutti, e questo riesce a contenere i costi – in due anni il prezzo non è cambiato – e fare tutti contenti.
Menu fisso: antipasto, primo, secondo e dolce 39 €.
Un dehors nuovo di pacca e tanta voglia di tornare a regime. Ecco cosa ha lasciato il lockdown a chef Mirko Cogo e alla brigata della Locanda Pesciolino, ristorante di mare a 10 minuti a piedi dalla Darsena di Genova. “Emozioni”, come ama definirle lo chef, che pescano dalla tradizione locale e si traducono in specialità come gamberi mandorlati, polpo alla Giudecchina (con ceci, patate, sedano e pomodori secchi) e nella Superba (di nome e di fatto) zuppa di pesce, con frutti di mare e e pescato senza lische, orgoglio del locale. Carta dei vini piccola ma curata. Segnaliamo Il Maggiore Vermentino di Ottaviano Lambruschi e il pigato Bon In Da Bon di Bio Vio.
Piacevole conferma anche per la stagione 2020 la trattoria tipica ligure Da Mario, con i capisaldi della tradizione gastronomica di questa parte della regione fin dal 1963. Tappa conosciuta da buongustai e famiglie, da chi a tavola vuole andare sul sicuro senza sperimentazioni estrose, con piatti iconici di terra e di mare che raggiungono picchi di eccellenza per la qualità delle materie prime, la capacità nell’esecuzione e un costo decisamente contenuto.
Di Cristoforo Colombo si racconta che partì con tre caravelle, ma in verità la terza nave, la Santa Maria, era una caracca, più grande e imponente. Ad essa si ispira questo locale accogliente e curato, che propone piatti tipici di mare e anche di terra. In particolare le panàtiche (10 e 12 euro), impasti a lunga lievitazione a base di farina di riso, che richiamano le razioni di pane destinate ai marinai. Si cuociono al forno e si condiscono, come se fossero una pizza, con le specialità locali.
Confermata anche l’Antica Osteria del Carugio, localino arroccato sulla scogliera di Portovenere, dalle atmosfere magiche e menu con uno stretto legame con il territorio. Largo spazio ai piatti a base di acciughe della vicina Monterosso: pane burro e acciughe, spaghetti alle acciughe, ma anche polpo, muscoli e fritture, come da tradizione del luogo. Tutte le verdure utilizzate in cucina vengono dall’azienda agricola di proprietà, Gli Orti del Timone.
Direttamente sull’acqua, la Barchina ormeggiata sul molo di Viareggio distribuisce delizie croccanti che attirano locali e turisti a frotte. Sarà per la freschezza della materia prima, sarà per la frittura dorata e asciutta, sarà per il prezzo competitivo, non è raro trovare code anche piuttosto lunghe (ma rapide). Oltre alla frittura classica (calamari e gamberi o paranza), acciughe, baccalà, patatine… e anche nugget di pollo.
La specialità della casa, il Frittissimo (gamberi, calamari, acciughe, baccalà), costa 15 €.
E’ il ristorante dell’omonimo resort nella lussuosa villa in stile Liberty di fine ‘800 che domina la spiaggia di Quercianella, nel livornese. Il ristorante propone una cucina in sintonia con l’ambiente ed i suoi piatti di pesce fresco si alternano in base al pescato dal crudo di mare e alla rivisitazione del classico Cacciucco alla livornese. Pane e lievitati fatti in casa, verdure del proprio orto, e atmosfera easy-chic completano l’esperienza. Si mangia alla carta, o con menu degustazione da 55 euro (uno di mare e uno di terra), da 70 euro (di mare) e da 50 euro (vegetariano)
Scolapasta è una delle realtà piu affermate di Castiglioncello, e porta avanti una tradizione di qualità cui chef Michele Maltinti ha impresso un’ulteriore spinta in avanti. Lui, pescatore e figlio di pescatori, il mare lo conosce e lo rispetta, tanto da non voler forzare la mano con menu determinati e statici: ogni giorno è la cassetta del pescato che decide piatti e accostamenti. Pezzi forti del locale, la boule di tonno rosso, con ricciola, panzanella, burrata e acciughe, la seppia spadellata alla salvia e il suo nero, e i calamaretti spillo con tartare di gamberi rossi, crema di pomodoro e origano fresco.
14. Come il mare comanda a Castiglione della Pescaia
Attiva e gagliarda anche l’Osteria del Mare già Votapentole, a Castiglione della Pescaia, nella maremma marittima.Qui la cucina varia con il variare della stagione e in base ai prodotti che periodicamente la natura offre, quindi spazia tra proposte di mare e di terra, con piatti in carta che vanno dagli 11 ai 23 euro a seconda del tipo di pesce (da considerare che i secondi arrivano già forniti di contorno). Specialità da non perdere, l’amatriciana di tonno, i ravioli all’impepata di cozze, il ceviche e la parmigiana di gamberi.
Cucina a ‘miglio marino 0’ come ama ricordare lo chef Ivan Silvestri, che a Porto Ercole è approdato dopo tanta gavetta in giro per il mondo, tra cucine di ristoranti e di yacht di lusso. L’Alicina è la sua creatura, in tutti i sensi, poiché è dedicata a sua figlia Alice, ed è un’hostaria di mare con pescato proveniente dalle acque dell’Argentario, prodotti dell’orto e vini dalle terre maremmane. La carta non è lunghissima ma molto appetitosa, tra grandi classici e ricette signature, come la triglia ripiena di gamberi e pistacchi. Si può ordinare dal menu oppure optare per il percorso degustazione, che cambia ogni giorno a seconda del pescato.
Più che un ristorante, Vivo è un vero e proprio progetto che si articola in quattro locali, oltre questo di Capalbio, a Parma, Milano e Firenze, nato dalla volontà del fondatore, Maurizio Manno, di rendere accessibile a tutti il crudo di pesce, “alla maniera francese”. I Manno sono una famiglia di pescatori, da quarant’anni solcano il Tirreno, ma con rispetto: sono tra le marinerie italiane certificate Firend of the Sea. Dalla barca al bistrot il passo è brevissimo, e da Vivo a Capalbio oltre al menu con piatti della tradizione marinara locale, trovate anche una carta dedicata al crudo, tra ostriche, tartufi, ricci, crostacei e gli altri tesori del mare.
Prezzo: plateau di crudità di mare da 15 a 50 €
Vivo. Località La Torba (s.s. Aurelia km 135). Capalbio (GR). Tel. +3905642422
17. C’è forma e c’è sostanza a Civitavecchia
E’ stato allievo di Paolo Trippini lo chef Gianluca Formichella, che circa tre anni fa decide di fare il grande salto e apre Forma, ristorante gourmet a poca distanza dal porto di Civitavecchia, che se c’è davvero un ‘porto di mare’ secondo definizione è questo. Nonostante il pubblico sciamante di turisti, crocieristi in escursione, romani in fuga dall’afa, o in attesa del meritato esodo verso le isole, Forma è riuscita a non farsi travolgere da facili formule mordi-e-fuggi per restare saldamente ancorata alla qualità. Prezzi molto interessanti per un ristorante gourmet, con antipasti da 10 euro, primi da 14, secondi tra 17 e 21 euro. Tre i menu degustazione: 3 portate (29 euro), 5 portate (55) e 8 portate (90 euro).
Menu degustazione: tre portate a scelta del cliente 29 €
Tra le novità mangerecce più interessanti sul litorale romano, Casa Carmen è l’ultima creatura di Lorenzo Biancolella e Annalisa Tomasini. Casa Carmen è unatrattoria di pesce proveniente dai mari locali, che offre oltre ai nostri grandi classici di mare, diversi piatti ispirati alla tradizione iberica. Da non perdere le crocchette di baccalà dal cuore cremoso, la catalana di gamberi, il ceviche peruviano con il leche de tigre, e il polpo alla brace con verdure grigliate e paprika.
Può fregiarsi del titolo di secondo ristorante aperto a Fiumicino nel lontano 1930, e oggi l’Incannucciata, nei locali rinnovati ma senza rinnegare la tradizione, si conferma una tappa da non perdere se passate in zona a ore pasti. Tanto pesce di giornata, proveniente dal vicino mercato del porto, ma anche piatti di terra. Si mangia alla carta, con piatti che vanno dagli 8 ai 23 euro, oppure con menu degustazione di pesce a 25. E’ prevista anche la formula aperitivo dalle 17 alle 20, con fritto+drink a 10 euro oppure crudo+drink a 15 euro.
Si mangia guardando l’infinito blu da Mamaflò, ristorante con terrazza affacciata sulla spiaggia all’interno dello storico stabilimento La Nuova Pineta ad Ostia Lido. Specialità di mare, di terra e per vegetariani, disponibili a pranzo e a cena, che spaziano dai classici come gli spaghettoni (Mancini) con le vongole, le grigliate di pesce e il pescato del giorno al forno, ad un ampia scelta di crudi di mare che compongono plateau di varie grandezze. I piatti in carta variano dai 10 ai 24 euro. E’ già disponibile il menu di Ferragosto a 60 euro.
Il nome Aalto è quello della piazza Alvar Aalto in cui si trova il nuovo ristorante di Claudio Liu.
Meglio questo nome del precedente Iyo Aalto. Infatti se il legame con la casa-madre Iyo (l’unico etnico stellato Michelin in Italia) è importante, nondimeno è anche fuorviante.
Molto meglio evidenziare le differenze: Aalto Part of Iyo (la denominazione completa) è un’altra cosa.
Come un’altra cosa è Takeshi Iwai, lo chef.
L’angolo gourmet che Takeshi si era ricavato all’interno di Cascina Guzzafame non era più sufficiente a contenere la sua voglia di cucina, probabilmente.
La ricerca di Claudio Liu di uno chef in cui ritrovare le proprie idee di cucina si è felicemente conclusa. Il loro incontro era nell’ordine delle cose e i risultati si vedono, qui da Aalto.
Il menu degustazione
Abbiamo seguito di base il menu degustazione di 8 portate, che costa 135 €, con qualche deviazione.
C’è anche un menu degustazione ridotto, a 110 € per 5 portate. Vi indichiamo qui i prezzi dei singoli piatti alla carta, quando disponibili.
Per iniziare, tre amuse-bouche. Un mondeghilo, la polpettina milanese rivisitata però alla giapponese: bollito di manzo all’interno, fritto in tempura, con maionese di soia e yuzu.
Una tartelletta di farina di riso con battuta di fassona, salsa tonnata, zucchine e tuorlo d’uovo grattugiato.
Foglia di basilico, sarda, umeboshi (la prugna fermentata giapponese), pomodoro confit.
Rabarbaro marinato in acqua di pomodoro e granita di dragoncello. Il rabarbaro pulisce il palato, una specie di rasoiata che ti prepara al proseguimento del pranzo. Il concetto di pulizia, oltre all’umami, è una delle caratteristiche della cucina di Aalto. Il mio piatto preferito, anche per non fare preferenze fra gli amuse-bouche.
Scampi e semi: scampi crudi, marinati con olio di pompelmo, semi di basilico pomodoro passion fruit, tapioca per dare consistenza, crema di pomodoro, latticello, olio alle erbe.
Ostriche e latticello.
Cannolicchi, asparagibianchie camomilla. Oh (ammirato). Uno dei piatti-simbolo di Takeshi, in cui si vede l’eredità dell’esperienza in cascina, e il distacco avvenuto attraverso l’uso di ingredienti “altri”, marini in questo caso.
Anguilla, tataki di manzo e liquirizia, 35 €.
I primi piatti di Aalto Part of Iyo Milano
Spaghetti con vongole alla tsukemen, cioè inzuppati nel brodo, 38 €.
Risotto aspro, gemme di pino e gelato di ostriche. Buonissimo, cottura accostamenti gusto. Ma ho trovato commovente il Risotto allo zafferano, gemme di pino e tagete (30 €), di cui una gentile commensale mi ha concesso un assaggio. Indubbiamente risotto allo zafferano, altrettanto indubbiamente qualcosa di nuovo, con un gusto tutto suo, pur restando appunto un risotto allo zafferano.
Carne e pesce
Filetto di manzo e melanzana alla brace, fiori di sakura (ciliegio), 45 €. Quella a sinistra è una melanzana. Meravigliosa. Sia manzo che melanzana vengono trattati secondo la tecnica teriyaki.
Cotoletta di ricciola e crema di ostrica, 45 €. Impanata con panko, leggermente affumicata.
Il dolce
Sfoglia croccante con mousse e crumble al cioccolato e gelato al latte affumicato, con nocciole caramellate, 15 €.
Una cucina gentile, potremmo definirla. Ma con sapori e gusti ben definiti, combinazioni e contrasti intelligenti, sorprese ed emozioni. Il risotto allo zafferano, la melanzana col filetto, anche il pesce.
Insomma, la cosa che mi è piaciuta, e mi ha emozionato, di meno, è stata il pane. Che pure era buono, accompagnato da un burro al sale di Maldon – ah…
Da Aalto Part of Iyo Milano c’è anche Iyo Omakase
Giusto come promemoria: una piccola sala di Aalto ospita Iyo Omakase, ovvero il banco di sushi. Sostanzialmente invariato rispetto al periodo pre-pandemia, ci sono solo due posti in meno.
Rappresenta la continuità con Iyo*, un nuovo capitolo dell’avventura gastronomica di Claudio Liu, che ha già al suo attivo il successo dell’alta gastronomia di Aji in via Pier della Francesca.
Siamo in piena estate e la ristorazione continua comunque a mostrare segni di vitalità nonostante la mazzata del post Covid-19.
A Napoli e a Salerno si registrano nuove aperture di locali, si impiantano dehors, si aprono terrazze.
Ristoranti, pizzerie, gelaterie e locali che propongono nuovi concept viaggiano all’insegna di un cauto ottimismo. Insomma, agosto sembra promettere bene.
Ecco da qui all’autunno i nuovi locali da mettere in agenda.
1. Palazzo Petrucci
Abbiamo già parlato di Palazzo Petrucci a Posillipo. Il ristorante stella Michelin guidato da Lino Scarallo ha rinnovato completamente le cucine al piano spiaggia. Nuovo motore, ma anche nuova sala con l’opera di Antonio Nocera che invita al viaggio nel mito della sirena Partenope e nella gastronomia del nuovo menu Napoli per l’estate.
Marco Infante ha aperto la nuova sede di Casa Infante, lo Chalet Casa Infante sul Lungomare di Napoli, da qualche giorno. Gelati, la pasticceria di Leopoldo dal 1940 proposti nel cuore dell’estate napoletana.
“Chalet Casa Infante apre ufficialmente! Certo, avremmo voluto festeggiare tutti insieme, come nostro costume. Offrire da bere, da mangiare, mettere musica, stare insieme, incontrarci, abbracciarci… ma per le ordinanze ancora in vigore non è possibile! Ma noi ci siamo, più carichi che mai, abbiamo un’adrenalina mai provata prima, un’emozione incredibile, ci passano davanti tutti questi anni, tutto quello che abbiamo costruito per arrivare fino a qui! Tante attese, alcuni rinvii, un periodo non facilissimo, ma adesso Chalet Casa Infante sul Lungomare è realtà… e questa realtà è nostra e soprattutto vostra da vivere!”
Chalet Casa Infante. Via Francesco Caracciolo, 1. Napoli.
3. IQuintili aprirà a settembre sulla riviera di Chiaia
Subito dopo la seconda pizzeria IQuintili a Roma, aperta in questi giorni, MarcoQuintili, campano di nascita, annuncia l’apertura di un nuovo locale a Napoli.
“Abbiamo ricevuto importanti riconoscimenti in pochi anni a Roma, come la premiazione nelle guide di Repubblica come miglior pizzeria emergente del Lazio lo scorso anno alla Terrazza Civita. La pizza però è nata a Napoli, è lì che si gioca il vero campionato mondiale e voglio portare il mio prodotto di qualità superiore ai campani”.
La nuova pizzeria IQuintili dovrebbe aprire a settembre alla riviera di Chiaia.
4. La pizza canotto di Nando Simeoli a Pozzuoli
Nando Simeoli, dopo la separazione consensuale da Vincenzo Capuano, aprirà in autunno a Pozzuoli la sua nuova pizzeria, nome in codice Triticum (il grano) 280 (il peso del panetto), a Pozzuoli in piazza Capomazza (di fronte ad Ammaccamm, pizzeria in cui si registra il divorzio di Salvatore Santucci.
Nando Simeoli porta la pizza canotto che lo ha messo in luce sia a piazza Vittoria a Napoli che nelle trasferte del Napoli Pizza Village a New York.
La pizzeria di stile moderno come si conviene al contenitore di una pizzeria contemporanea è disegnata dall’architetto Giovanni Arcella.
In cucina, condimenti e abbinamenti saranno studiati con lo chef Ugo Patierno per una divisione del lavoro specifica. Simeoli vuole dedicarsi prioritariamente agli impasti che saranno cotti nel forno a legna.
5. Re Santi e Leoni a Nola
Re Santi e Leoni è un nuovo ristorante a Nola. Un’esperienza gastronomica semplice, ma fatta di pochi ingredienti ricercati e riconoscibili, piatti creativi ma nitidi nell’approccio alla materia prima e alla tradizione.
Tre i menu degustazione oltre alla carta.
Re, da 65 €, composto da 4 portate, per raccontare la tradizione
Santi, da 85 €, comprendente 6 portate
Leoni, da 110 €, più creativo, affidato completamente all’estro dello chef
La carta presenta cinque antipasti più due scelte di crudo (una selezione di tartare e carpacci di pesce e un ‘gran crudo’), sei primi, cinque secondi e cinque dolci.
Il resident chef Luigi Salomone viene da Piazzetta Milù, dove è entrato nel 2015. Nel 2016 ha conquistato la stella Michelin.
Il locale presenta un design contemporaneo ma si trova in un palazzo borghese di fine ‘800, alle spalle della piazza centrale della cittadina di Nola. La ristrutturazione è stata curata dallo studio di architettura di Giuliano Andrea dell’Uva: all’interno, colori chiari, alluminio e geometrie.
Re Santi e Leoni nasce da un’idea di Lucio Giordano, imprenditore del mondo gastronomico: suoi i tre re ristoranti giapponesi dal nome Misaki, rispettivamente a Salerno, Sorrento e Pompei. Di prossima apertura, nell’autunno 2020, un ristorante di cucina italiana a Miami.
Vi ricordiamo sempre a Nola l’apertura della Locanda Bruniana che abbiamo avuto modo di testare a ridosso del taglio del nastro. Un indirizzo da segnare in rubrica perché molto comodo sulla strada delle vacanze da nord a sud (è all’uscita dell’autostrada A30 Caserta Salerno).
Il menu è molto semplice. Gli antipasti costano 18 €, i primi piatti 20 €, i secondi di carne e di pesce 25 €, i dessert 8 €. Più che la leva prezzo, hanno effetto qualità e gusti personali.
La cucina è affidata al duo che fa capo all’esperto Francesco De Simone, con un importante trascorso sull’isola di Capri al Tiberio, e al giovane e promettente Marco Malaspina.
A disposizione anche un giardino in alternativa alla sala.
7. Foorn: caffetteria bakery e pizzeria a Mariglianella
I 600 metri quadri dell’edificio cubico che ospita Foorn, a Mariglianella, fra Napoli e Nola, contengono una caffetteria, una panetteria e una pizzeria.
“Da subito abbiamo pensato di creare una sorta di officina, con il laboratorio di produzione a vista, separato semplicemente dal bancone di lavoro, in uno spazio fluido, dove immaginare anche seminari e corsi per addetti ai lavori. E che, lato vendita, potesse coniugare produzione, somministrazione e distribuzione, con il laboratorio sempre in funzione. Così è entrato nel discorso anche il pane, che presto avrà anche un laboratorio dedicato, in un capannone in allestimento a poche centinaia di metri da qui.”
Foorn. I racconti del grano – questo il nome completo del progetto – è stato affidato a Carlo Di Cristo, professore universitario, esperto di panificazione (suo anche il progetto Soul Crumbs).
“Da subito abbiamo pensato di creare una sorta di officina, con il laboratorio di produzione a vista, separato semplicemente dal bancone di lavoro, in uno spazio fluido, dove immaginare anche seminari e corsi per addetti ai lavori. E che, lato vendita, potesse coniugare produzione, somministrazione e distribuzione, con il laboratorio sempre in funzione. Così è entrato nel discorso anche il pane, che presto avrà anche un laboratorio dedicato, in un capannone in allestimento a poche centinaia di metri da qui”.
Di Cristo si occupa della linea della pasticceria, realizzata in loco, e del pane. Per la pizza, Salvatore Kosta, dalla pizzeria Impastili di Nola.
Dopo mesi di studio e ricerca, i fratelli De Luca, Giuseppe e Marco, presentano Sciuè Pizza & Bakery a Pomigliano d’Arco: un nuovo brand ma soprattutto un nuovo progetto che dà forma e nome alla grande passione di Giuseppe per il pane e che in sostanza va ad ampliare l’offerta di Pizzainteglia, il locale inaugurato circa due anni fa in Piazza Giovanni Leone.
“Vogliamo accompagnare i nostri clienti dal mattino a sera e saremo aperti dalle 7 fino alle 24. Abbiamo allora allargato l’offerta della pizza che resta comunque il nostro core business, con una serie di lievitati e prodotti da forno. Abbiamo anche introdotto la possibilità di prendere un buon caffè preparato con una miscela da noi accuratamente selezionata“, spiega Giuseppe De Luca.
Per la preparazione del pane si utilizzano esclusivamente farine pregiate, naturali, biologiche, dando ampio spazio a grani antichi. Il lievito madre e la lievitazione/maturazione di almeno 24 ore danno vita ad un prodotto molto leggero e dall’alta digeribilità.
La pizza si distingue per la fragranza e l’ampia alveolatura ottenuta con tecniche nuove con impasti indiretti, biga o poolish in alte percentuali. Ogni impasto varia dalle 24 alle 48 ore di lievitazione e maturazione e con alte idratazioni e con base farine tipo “0” e, in percentuale, “1” fino all’integrale. I topping variano in base alla stagionalità.
Guido Pappalardo e sua moglie Oriana, ventitré anni dopo La Regia Abbazia, aprono Mon Bistrot, “un nuovo concept di bistrot legato al piacere e alla voglia di stare insieme.” Siamo a Pontecagnano Faiano: sessanta coperti che arrivano a 100 con il dehors esterno, in un ambiente ricercato ed elegante creato dal designer Antonio Franzese.
“Una cucina ricercata e creativa che reinterpreta piatti della tradizione in una chiave contemporanea, esaltandone le materie prime.” Ampio spazio all’aperitivo, sul modello delle “apericene” milanesi. In cucina, Roberto Accarino con il sous chef Gerardo Fiorillo, con la supervisione di di Michele Serafino.
Mon Bistrot. Via Budetti angolo via Torino, snc (1,40 km). Pontecagnano Faiano (SA). Tel. +390892094127
10. Pizz e Maccarun a Sala Consilina diventa La Pietra Azzurra
Nuovo look per Pizza e Macarun: il locale della pizzaiola Francesca Gerbasio e del pizzaiolo contadino Michele Croccia si rinnova, nell’aspetto e nel nome, ma non nella sostanza. Ora si chiama La Pietra Azzurra.
“Durante questo periodo abbiamo avuto modo di riflettere su questo cambio di nome che da tempo era nell’aria. E questo era il momento giusto per cambiare un po’, in realtà abbracciando ancor di più i nostri principi di sempre. Protagonista è sempre la materia prima fresca locale che accompagniamo ai nostri impasti ed al nostro bagaglio culturale e gastronomico. La filosofia dei due locali è praticamente uguale, seppure a Sala Consilina abbiamo un pubblico più giovane e di passaggio. Ma alla base c’è la voglia di innovare senza stravolgere i nostri valori, le nostre tradizioni e i preziosi dettami della Dieta Mediterranea. Così è nata l’idea di trasformare Pizz e Maccarun ne La Pietra Azzurra del Vallo di Diano, partendo dal presupposto che in futuro altri allievi di Michele – che sposeranno a pieno questi principi – potranno aiutarci a dar vita ad altre realtà con lo stesso nome.”
Così Francesca racconta la ripartenza della sua pizzeria nel territorio del Vallo di Diano, fra Campania e Basilicata. Menu stagionale, e una nuova “merenda cilentana” dalle 18 alle 20: prodotti tipici locali, montanarine, vini e birre artigianali.
“In viaggio tra i sapori della Sicilia”. HowtoSicily, pagina Facebook e Instagram da noi amata, con sito ancora in costruzione ha pubblicato la recensione del St George by Heinz Beck di Taormina. Ne condividiamo una parte su Scatti di Gusto con il consenso dell’autrice – Mara Pettignano –, perché in questo momento complicato fotografa alla perfezione i nostri sentimenti nei confronti dei ristoranti.
Ci vogliono pazienza, e gentilezza. Altrimenti rischiamo che i nostri ristoranti preferiti chiudano. Come non essere d’accordo con Mara Pettignano, in momenti così terribilmente complicati condividiamo appieno l’approccio. Però c’è un limite.
Le disavventure capitate ieri sera alla riapertura stagionale del ristorante St George by Heinz Beck, stella Michelin di Taormina, all’interno di un lussuoso albergo 5 stelle, superano ogni capacità di comprensione.
D’accordo, era “la prima” dopo un lungo periodo di stop, ma la presenza di Heinz Beck, chef tre stelle Michelin de La Pergola di Roma, avrebbe dovuto garantire alla serata una riuscita diversa.
Invece… Questo è il riassunto per punti degli strafalcioni di cui l’autrice della recensione è stata involontaria vittima. E alla fine: che conto!
1 – Quando arriva lo sgabello per la mia borsa sono seduta da 15 minuti.
2 – Quando arriva il cestino del pane sono seduta da 70 minuti.
3 – Quando arriva il vino sono seduta da 100 minuti. Ho avuto almeno l’acqua, peccato fosse a temperatura ambiente.
4 – Chiedo calici di vino diversi per ogni portata del menù, quando arriva il primo calice sono alla terza portata.
5 – Segnalo nella prenotazione telefonica, e appena seduta al tavolo, la mia intolleranza ai funghi. Quando arriva la pasta sono ravioli con i funghi.
6 – Il mio vicino di tavolo segnala un’intolleranza ai peperoni. Quando arriva il pesce è un dentice con i peperoni (se ne accorge dopo avere ingerito i primi bocconi).
7 – Chiedo se, nelle (lunghe) pause tra una portata e la successiva del menù, ho il tempo di fumare una sigaretta. La risposta è affermativa ma per due volte la portata arriva non appena accendo la sigaretta.
8 – In tutto questo, che capita a me come al resto dei commensali, Heinz Beck si intrattiene chiacchierando con alcuni ospiti seduto nel salotto del dehors.
9 – Farsa finale. Chiedo il conto alla una di notte e lo sollecito per tre volte. Arriva solo dopo 30 minuti: 337 euro in due. Devo pagare solo 37 euro, il resto l’ho anticipato sul sito al momento della prenotazione. Si diffonde il panico: “non funziona il computer”, “manca la linea”, “non c’è carta”. Esco alle due di notte con la spiacevole sensazione di essere “prigioniera” del ristorante.
10 – Metto da parte i 9 punti precedenti e rifletto: ho mangiato per lo più piatti insignificanti, unica eccezione un gambero marinato in salsa di avocado. L’anno scorso, cenando nello stesso ristorante, mi ero sentita soddisfatta per la ricerca della materia prima (trunzo di Aci, telline, tenerumi, pane a forma di brioscia) tutto “by Heinz Beck” per rimanere in tema.
Ma siccome voglio essere paziente e gentile con i ristoranti, i temi di cui intendo occuparmi d’ora in poi sono punto croce, burraco, ricetta della salsa di datterini.